domenica 11 ottobre 2015

Cantagallo: il commissario di una Valdelsa inventata ma non troppo


I gialli del commissario Cantagallo sono completamente inventati ma per certe vicende attingono dalla realtà modificando gli effetti di fatti accaduti, cambiando i risvolti di circostanze oscure oppure inventando degli avvenimenti di sana pianta, solo per il gusto di divertirsi a cambiare il corso delle cose. Tutto questo comunque attinge a certi fatti che fanno parte della realtà e che allo stesso tempo, per dovere di narrazione di ogni bravo giallista, sono il frutto di pura invenzione. Come scrivo nei miei gialli,  la storia raccontata riflette certe situazioni del vivere quotidiano e da queste prende lo spunto per tessere una vicenda puramente inventata di sana pianta. Così come, i nomi, i personaggi, le date e i luoghi che sono citati nel giallo sono pure e sacrosante invenzioni. Per puro caso, chi si fosse riconosciuto in certe descrizioni del racconto, sappia che così non è ma è solo grazie alla mia fervida fantasia che si è potuto riconoscere, ma non l’ho fatto apposta. Questo perché, come ho già detto prima, certi fatti attingono dalla realtà con lo scopo di conferire maggiore veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia è da considerarsi uno scherzo del destino e deve essere attribuito soltanto alla casualità. Proprio per questo, chiunque cerchi un po’ di vana gloria pensando di essere stato tratteggiato anche lontanamente in questo racconto deve sapere che si sbaglia di grosso. Chi invece affermasse con certezza di essere proprio lui la persona descritta nel giallo deve riconoscere che sono stato proprio bravo nell’immaginarmelo a quel modo. Per tutti gli altri che non si fossero accorti di nulla, pace e bene. E continuate a leggere i gialli del commissario Cantagallo. 
Quello che segue è sempre stato estratto dal giallo "Un vecchio tappeto persiano" pubblicato da Cavinato Editore e lo potete trovare anche su Mondadori al link qui sotto
 http://www.mondadoristore.it/Un-vecchio-tappeto-persiano-Fabio-Marazzoli/eai978889912130/ 


(...)


    Cantagallo arrivò al commissariato prima del solito. A casa non aveva fatto colazione e aveva fretta d’informare i colleghi. Voleva mettere insieme le ultime informazioni ricevute per illustrarle nella consueta riunione di lavoro. Posteggiò l’auto nel parcheggio della piazza Martiri Val Marna e, visto che era presto, decise di fare colazione dal suo amico Santonorè del bar Pierina.
A quell’ora della mattina la strada centrale del paese era poco frequentata. In lontananza, la piccola macchina della nettezza urbana aveva fatto il suo dovere e si allontanava dalla via Garibaldi, svoltando a sinistra nella piazza Risorgimento. Senza persone e pulita da poco, quella via era esaltata in tutta la sua bellezza. La pavimentazione stradale era stata rifatta da qualche anno. Al posto dell’asfalto anonimo erano state messe delle lastre picchiettate di pietra serena disposte a lisca di pesce. Il grigio naturale di quelle pietre era riuscito a caratterizzare la strada e a renderle onore, vista la sua importanza storica. Probabilmente molti in paese non lo sapevano, ma la via Garibaldi, detta dai collitondesi Via Maestra o Via di Mezzo, in antichità era stata la famosa “Via Francigena”, la strada che faceva parte di quel grande percorso che da Canterbury portava a Roma. Un itinerario storico dell’epoca medioevale, una via maestra appunto, percorsa in passato da migliaia di pellegrini di tutta Europa in viaggio per Roma. La Francigena poi dal centro del paese si continuava nella strada che saliva verso la Basilica di San Luigi.
Mentre pensava a questo, era già arrivato al bar Pierina. Il bar del mitico Aurelio, detto Santonorè per la sua eccellente bravura nel fare le torte, si trovava in fondo alla via Garibaldi.
Santonorè aveva già sfornato fragranti briosce all’albicocca e invitanti sfogliatelle alla crema.
«Aurelio, buongiorno. Due briosce con la marmellata e un cappuccino, grazie.»
«Commissario Cantagallo, buongiorno a lei. Se ha la pazienza di aspettare le faccio assaggiare una specialità.»
«Grazie, non importa. Vado di fretta.»

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