sabato 11 giugno 2016

I gialli del commissario Cantagallo: dal 2007 a oggi

Per chi ancora non lo conoscesse, presento il commissario Cantagallo, un simpatico e caparbio commissario toscano che è il protagonista dei gialli toscani di cui sono modesto autore. Vi avverto, sarà una lunga chiaccherata e spero di non annoiarvi troppo.

I gialli del commissario Cantagallo hanno per protagonista un poliziotto toscano di mezza età che con la sua squadra indaga sui delitti che accadono in un piccolo paese inventato, ma non troppo, della Toscana centrale chiamato Collitondi. Il personaggio è stato pubblicato per la prima volta nel 2007 da Antonio Lalli della Lalli Editore con il giallo "Dentro un vicolo cieco". A cui è seguito nel 2008, "Omicidio sotto il sole", l'inchiesta poliziesca ambientata in piccolo paese di pescatori della Toscana del sud, pubblicato anche questo dallo stesso editore. Dopo alcuni anni di riflessione e di altre storie gialle scritte, nel 2014 è ricominciata la pubblicazione dei gialli della stessa serie che sono stati pubblicati in ebook da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia.

Per la prima volta, il personaggio toscano del commissario Cantagallo varca i confini della sua regione d'origine per giungere in Lombardia nella città detta "La leonessa d'Italia". Qui ripropone ciò che è piaciuto in Toscana: il carattere simpatico e caparbio, la tecnica d'indagine per comporre il "mosaico criminale", i preliminari con il logorroico vicario Bonadonna detto "Garçia", i confronti aspri a colpi di frasi latine e proverbi toscani con il Questore Zondadari detto "Zorro", e i suoi pranzi di lavoro al ristorante "Attanasio" con le passeggiate digestive lungo il fiume insieme a Bandino e Razzo.

Cantagallo è un commissario particolare perché è diverso dagli altri presenti nell'editoria, ben più importanti di lui. Non è un poliziotto che vuol essere al centro dell'attenzione. Non gli piace stare sotto la luce dei riflettori della celebrità. No, tutt'altro. Vuole solo fare bene il suo lavoro insieme ai colleghi della sua squadra, la Squadra Omicidi del commissariato di Collitondi, un commissariato di periferia. Perché lui è un poliziotto di periferia. Preferisce starsene alla periferia per osservare, distaccato, cosa accade nel centro dove risplendono i bagliori della notorietà. Osserva dalla periferia del suo commissariato, semmai non accorgendosi che, cambiando la visuale del suo punto di osservazione, quel luogo dove si trova lui diventa centrale rispetto a tutto il resto che lo circonda.

Pochissime tracce e nessun testimone: questo è il pane quotidiano del commissario Cantagallo. Il poliziotto toscano si muove nelle strade del piccolo paese di Collitondi alla ricerca del colpevole del delitto. La tecnica d’indagine è particolare: è seguita ogni traccia e ogni indizio che per il commissario costituiscono le tessere di un “mosaico criminale”. Completato il “mosaico” è risolta l’indagine. Cantagallo analizza i fatti nella sua stanza da lavoro, il vero e proprio laboratorio investigativo del commissariato. Il commissario cerca sempre di migliorare la propria tecnica d’analisi dei fatti criminali e non si stanca mai di ripetere ai suoi uomini le sue convinzioni. Il suo “mosaico criminale” non è probabilmente un metodo infallibile, ma gli ha sempre permesso di assicurare alla Giustizia tutti i colpevoli dei delitti di cui si è occupato. Qualsiasi indizio non deve mai essere sottovalutato. Ogni oggetto, preso da solo, non fa capire di quale mosaico si tratti oppure a quale mosaico appartenga, ma quando è insieme agli altri aiuta il mosaico a prendere forma e la verità si spalanca davanti agli occhi, chiara e intelligibile. Spetta agli investigatori raccogliere tutti i pezzi del “mosaico criminale” per fare emergere la verità e arrestare il colpevole. A complicargli la vita c’è il suo capo, il Questore Fumi Zondadari, soprannominato Zorro dallo stesso Cantagallo. Il Questore lo intontisce di frasi in latino per mascherare la propria incapacità investigativa e per metterlo in difficoltà. Cantagallo non cede facilmente e ribatte a suon di proverbi che lasciano frastornato il Questore e permettono al commissario di abbandonare la discussione prima che degeneri. Il commissario rinuncia alle discussioni inutili ma non rinuncia alla buona tavola. Abitualmente, insieme ai colleghi Razzo e Bandino, mangia da “Attanasio” dove la trippa alla fiorentina, i piatti squisiti e l’accoglienza della proprietaria sono il migliore biglietto da visita del rinomato ristorante cittadino. La buona cucina paesana però non distrae Cantagallo che con la sua intelligenza e la sua squadra riesce sempre a venire a capo del delitto e a completare il “mosaico”. L’omicida alla fine è sempre smascherato e tutto è risolto con un colpo geniale a sorpresa del commissario Cantagallo.

Il commissario Cantagallo spesso ricorda alla sua squadra il principio fondamentale che lo guida durante ogni indagine di un delitto: «Io rincorro un’illusione: analizzare scientificamente la scena del crimine per scoprire il colpevole. Voglio osservare e capire ogni singolo indizio raccolto nell’indagine per comporre il “mosaico criminale” e prendere il responsabile del delitto. Questo con la collaborazione di tutti voi. Nessuno escluso».

Per chi avesse già letto i miei gialli e volesse farmi sapere cosa ne pensa, sono qui.
 
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Un cordiale saluto a tutti voi. 



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