domenica 18 giugno 2017

Estate calda per Cantagallo: "Flaconi e vecchie ricette"

Buonasera e buona domenica a tutti. 

Anche se con un po' di ritardo, dovuto al gran caldo di questi giorni che ha fatto ribollire pure i tasti del computer, vi propongo un altro "assaggio" delle pagine del primo giallo della nuova serie dei gialli che nel 2017 sono stati pubblicati da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia. 

Il caldo la fa da padrone in queste torride giornate, ma il clima è rovente anche a Collitondi, dove il commissario Cantagallo nel giallo "FLACONI E VECCHIE RICETTE" deve fronteggiare una serie di persone morte, probabilmente per il gran caldo. L'indagine si svolge a Collitondi e i fatti accadono in pieno luglio per una serie di morti che accadono nel paese in un clima infuocato dal bollore dell’anticiclone Africano che attanaglia il paesello di Collitondi. 

Ecco a voi l'estratto del giallo. 

Buona lettura. 





    Luigi già dormiva, mentre i Cantagallo erano rimasti sulla grande terrazza di casa ad aspettare il fresco, appoggiati alla ringhiera.
    «Ma che caldo è?» fece incredula Iolanda, passandosi la mano nei capelli.
    «È proprio un caldo boia» rispose rassegnato Cantagallo. «Ma proprio questa estate doveva rompere le scatole l’Africano?». 
     L’Africano, così era stato battezzato da quelli del meteo l’anticiclone bollente del Continente Nero, era “immigrato” via aria in Italia e si era trovato bene. Al pari dei suoi connazionali, che invece, via mare, usavano i barconi della speranza, aveva deciso quell’estate di rimanere un po’ dalle nostre parti. Non aveva speso soldi e nemmeno gli avrebbero fatto pagare il permesso di soggiorno. E ciò era strano. In un paese come il nostro dove si riusciva a tassare di tutto, si doveva trovare pure il modo di tassare quel fenomeno meteorologico di cui si sapeva il nome, Africano, il cognome, Anticiclone, e pure il luogo di nascita. Lo sapevano anche i muri che gli Anticicloni nascevano nelle isole Azzorre e che quelli maggiormente rompiscatole, a causa del loro temperamento più “caldo”, si erano staccati dalla famiglia d’origine per spostarsi in Africa. Oggi i più caldi provenivano, guarda caso, dal Sudan o giù di lì, da dove si spostavano saltuariamente. Ecco, l’idea poteva essere questa. Siccome l’Africano aveva la residenza principale in Sudan doveva pagare una bella tassa da seconda casa per i suoi trasferimenti estivi. E come mai negli ultimi anni era venuta fuori la moda di battezzare con dei nomi particolari i solleoni e le piogge che si abbattevano sull’Italia? In primavera c’era stata una violenta perturbazione che aveva dato una bella acquata a mezza Italia in meno di ventiquattro ore. Nonostante la sua rapidità, non era riuscita a mantenere l’anonimato. Non ce l’aveva fatta a non farsi notare ed era stata subito battezzata “Catherine” perché arrivava dalla Francia. Fino a quel momento, non si vedeva all’orizzonte neanche una cugina di quarto grado di questa Catherine, nemmeno una leggera pioggerellina fine fine da chiamare “Julienne”, come l’insalata sottile a strisce.
    Poi all’improvviso una leggera brezza fresca si fece sentire da ponente.
    «Ecco è arrivata!» esclamò Iolanda, sollevando il viso per godersi il fresco.
    «Chi? Julienne?» chiese Cantagallo sovrappensiero.
    «Julienne? Ma di chi parli? È arrivata l’aria fresca! Andiamo a letto perché mi sembra che hai bisogno di riposare».
    «Sì, è meglio. Speriamo di prendere sonno».
Iolanda lo guardò scettica. Conosceva bene le “doti” del marito quando toccava il letto. Non appena Cantagallo sfiorò con la testa la federa del cuscino piombò in un sonno profondo.
    Poi, nel sonno, il commissario avvertì una voce di donna.  
    “Nicolette! Nicolette! È arrivata Nicolette!” diceva nel sonno. “Nicolette? Ma chi? La sorella di Julienne?”.
    «Svegliati! C’è Nicoletta!».
    Non sognava, era Iolanda. Alzò la testa e puntò la sveglia sul tavolino.  
    A tasto la raggiunse e pigiò il pulsante della lucina notturna.

6:30

    Il micidiale marchingegno ad orologeria del Sol Levante emise la sentenza.
    Lasciò andare un vaffanculo sotto voce e scosse il capo.
    Era completamente rincoglionito. Aveva dormito sì e no sei ore di fila, senza considerare quando si era alzato verso le tre per accostare le finestre e gli scurini che avrebbero impedito al sole di filtrare dalle persiane quando avrebbe albeggiato verso le cinque.
    L’alzata notturna gli aveva fatto interrompere il sonno e si sentiva la testa come se gliel’avessero fasciata con un turbante.
    «Che c’è? Che succede?» poi ebbe un sussulto. «Nicoletta?!».
    «C’è Nicoletta! È giù al portone. È stato trovato morto un uomo. Nicoletta è venuta fin qua perché hai il telefonino spento e il telefono fisso è guasto. Il caldo ha provocato un incendio in un bosco e alcuni pali del telefono sono bruciati. Siamo isolati da stamattina».
    Eccoci, l’Africano aveva deciso di mettere a ferro e fuoco le campagne intorno a Collitondi per stanare i paesani dentro le mura. I collitondesi avrebbero resistito caparbiamente, ma non per molto. I viveri incominciavano a scarseggiare e la Coop era fuori le mura.
    Intanto, la vice era già salita e aspettava sul pianerottolo.  



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