Capitolo uno
Era una serata di fine settembre.
Il commissario Cantagallo, appoggiato alla ringhiera della sua grande terrazza, osservava il buio che si allungava verso il paese e si godeva il fresco della sera.
Alle sue spalle, nel soggiorno, Iolanda discorreva nella consueta telefonata settimanale con sua sorella e Luigi disegnava dei personaggi manga di sua invenzione con carta e penna.
Così, come tutti i dopocena che Dio metteva in terra da qualche tempo a quella parte, i Cantagallo erano in attesa del film di prima serata.
Nel frattempo, il commissario scrutava il buio e gli tornavano in mente certi suoi pensieri ricorrenti sul potere ingannatore della sera. A pensarci bene, cos'era l'oscurità? L’oscurità era tutto un trucco della notte per camuffare le magagne della realtà che erano illuminate dalla luce del giorno. Infatti, la luce faceva risaltare i difetti delle cose, mentre l’oscurità li sapeva ben occultare, celando pecche, manchevolezze e altri guasti non visibili nel buio.
A Cantagallo non piaceva la notte, il buio in particolare. Nell’oscurità si annidavano i criminali: era un dato di fatto conosciuto da tutti, anche da chi non fosse un poliziotto come lui. Nel buio, i delinquenti si sentivano autorizzati a compiere furti e delitti, come se quella cappa oscura li avvolgesse, li proteggesse, nascondendoli alla vista. La notte era una specie di lasciapassare per coloro che del crimine ne avevano fatta una scelta di vita e l’oscurità diventava una sorta di maschera, dietro la quale si nascondevano i criminali per agire indisturbati. La sua repulsione nei confronti della notte non era una deformazione professionale, ma una vera e propria avversione naturale. Il calare della notte spesso induceva le persone a compiere dei crimini che difficilmente avrebbero commesso durante il giorno. Tale condizione era conosciuta come “stato crepuscolare” ed era per tutto simile al sonnambulismo, ma poteva mettere le persone nelle condizioni di uccidere. Quindi, per il commissario era indubbio che di notte tutto potesse accadere, omicidi compresi, anche se di recente, in paese, non ce ne erano stati. Cantagallo, però, non si faceva troppe illusioni e già immaginava che da un momento all’altro gli sarebbe piombato un omicidio fra capo e collo. Non era un banale fatalismo. La sua esperienza gli faceva supporre che prima o poi sarebbe capitato: era nel normale corso delle cose della vita. E quando sarebbe accaduto? Non si dette una risposta e, quasi a cercarla in quel buio dove probabilmente si nascondeva, continuò a tenere lo sguardo fisso verso l’oscurità.
In quella serata, però, non era il solo a cercare una risposta nel buio.
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