sabato 26 novembre 2016

I gialli del MOSAICO CRIMINALE: le indagini di Cantagallo




Ogni oggetto, ogni traccia, ogni prova parla con il suo linguaggio al commissario Cantagallo: questo è quello che dice lui. 
Per Cantagallo ogni bravo poliziotto deve comprendere il linguaggio di ogni oggetto. Cantagallo cerca sempre di migliorare la propria tecnica di analisi dei fatti criminali. Ogni indizio raccolto durante l'indagine di un delitto è il singolo pezzo del suo “mosaico criminale”, come dice lui, deve avere la sua collocazione precisa. Tutte le ipotesi devono essere suffragate da prove certe e incontrovertibili. “Una supposizione priva d’evidenza, con il Questore Zondadari, ha poca consistenza.”, questo spesso dice il commissario ai suoi colleghi, quando sono nel pieno di un’indagine. A volte Cantagallo entra in “crisi michelangelesca” ed è stato tentato dal chiedere a qualche oggetto: “Perché non parli?”, come fece all’epoca un altro toscano molto più famoso di lui. Sembra strano, ma certe volte anche gli oggetti “parlano” a Cantagallo. Non in modo chiaro e udibile da tutti, certamente. Semmai, ognuno di loro parla con un certo linguaggio particolare che deve essere bene interpretato, per essere compreso nel modo giusto. Ogni oggetto parla una lingua ai più sconosciuta, ma che può benissimo essere compresa da un abile investigatore. Un bravo poliziotto, così, è in grado di fare da “interprete” e può interpretare il significato di quello che un oggetto vuol dire. Sta al commissario e ai suoi uomini capire il linguaggio degli oggetti raccolti durante una indagine, decifrarne il messaggio e scoprire il vero contenuto, che contribuisce alla soluzione di un omicidio. La tecnica d’indagine è particolare: è seguita ogni traccia e ogni indizio che, per Cantagallo, costituiscono le tessere di un “mosaico criminale”. Completato il “mosaico”, l’indagine è risolta. Il commissario analizza i fatti nella sua “stanza da lavoro”, il vero e proprio laboratorio investigativo del commissariato. Cantagallo cerca sempre di ricostruire il luogo in cui è avvenuto il delitto e prende in considerazione ogni piccolo dettaglio: visiona anche il filmino girato dai poliziotti della Polizia Scientifica per immedesimarsi meglio nella scena del crimine. Il commissario è molto attento al luogo del crimine e alla scena del delitto nel suo complesso: indossa sempre e fa indossare ai suoi colleghi guanti mono uso per le mani e scarpini in plastica sopra le scarpe, per non contaminare l’ambiente. La sua tecnica d’indagine è particolare e con un colpo di genio finale riesce ad incastrare sempre il colpevole e a farlo confessare.





"Cantagallo chiamò Baccio e gli disse di convocare la riunione nella stanza da lavoro. I colleghi arrivarono più alla svelta del solito, anche perché non volevano fare tardi per la cena. Il commissario attese che tutti si fossero messi a sedere e in silenzio. Poi iniziò a parlare.
    «Siamo in un momento cruciale delle indagini. A costo di annoiarvi, ripeto quello che vi dico sempre da quando lavoriamo insieme e che è lo spirito col quale faccio il mio lavoro di commissario. Io rincorro un’illusione: analizzare scientificamente la scena del crimine per scoprire il colpevole. Voglio osservare e capire ogni indizio raccolto nell’indagine per comporre il “mosaico criminale” e prendere il responsabile del delitto. Questo con la collaborazione di tutti voi: nessuno escluso. Lo ripeto sempre e lo ribadisco in questa occasione. Ma perché mi rifaccio a questo concetto? Perché il “mosaico criminale” è una mia tecnica personalissima per rappresentare le azioni criminali. Tutto questo con lo scopo di farle apparire come ricostruzione di fatti accaduti, di porle in relazione fra loro e di produrre, con certi accorgimenti visivi che suscitino, con oggetti e scritte, una maggiore attenzione negli investigatori, associazioni verosimili che ci consentano di arrestare l’omicida. Se mi è concesso il termine, utilizziamo una rappresentazione artistica che utilizza il potere illusorio della composizione degli oggetti su queste lavagne per ottenere una rappresentazione molto vicina alla realtà dei fatti accaduti. Sembrano discorsi complicati ma, se ci pensate bene, stanno alla base del nostro metodo investigativo che, anche se non sarà infallibile, fino a oggi ci ha fatto sempre arrestare il colpevole. Lasciamo da parte la teoria e veniamo alla pratica. Allo stato dei fatti occorre riconsiderare le nostre ipotesi investigative. Ci sono dei fatti nuovi e importanti di cui sono venuto a conoscenza solo in queste ultime ore. Fatti che buttano all’aria tutto quello che avevamo considerato fino a questo momento e che cambiano le carte in tavola di queste indagini. Indagini, ripeto, e non indagine perché certi fatti collegano indagini diverse. Inoltre i fatti sono collegati fra di loro da una stessa persona che ha agito in modi diversi ma con lo stesso obiettivo, ovvero compiere un crimine spietato. Non si tratta solo di truffe ma anche di omicidi. Anche qui lo ripeto, omicidi, perché le due persone trovate morte non sono decedute per morte naturale come ci voleva far credere l’omicida ma sono state uccise. Due persone innocenti e inconsapevoli di essere nelle mani di chi aveva già deciso di porre fine alla loro vita per un motivo che ancora non sappiamo. Chi ha ucciso è una persona spietata che ha assassinato a sangue freddo le persone che le avevano dato la loro amicizia oppure che le avevano chiesto un aiuto in un momento di difficoltà della loro salute. Sembra strano, ma è tornato utile anche il lavoro fatto da quel rompicoglioni del commissario aggiunto Semboloni. Nel suo rapportino ho letto delle cose interessanti che, una volta accertate, potrebbero coinvolgere lo stesso omicida in altri due casi di morte di persone decedute nelle ultime settimane. Ma ve lo dirò alla fine».  
    Cantagallo fece una pausa, come faceva di solito. Voleva vedere se fossero tutti attenti. I colleghi seguivano in silenzio ciò che diceva il commissario. Nessuno aveva la voglia e nemmeno osava interromperlo. Tutti attendevano di sapere i particolari che facevano pendere la bilancia dalla parte del colpevole."

 

I gialli del commissario Cantagallo sono pubblicati in ebook e cartaceo da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia e li trovate in tutte le librerie online. 
Qui sotto ci sono i link per la libreria IBS.it. Buona lettura a tutti voi.


giovedì 24 novembre 2016

Un poliziotto di periferia: il commissario CANTAGALLO





Il commissario Cantagallo è un poliziotto di periferia, non è un tipo da città a sentire lui.  Preferisce le cose semplici e genuine, nella vita, in famiglia e pure a tavola. Cantagallo è un amante della buona tavola e, insieme ai suoi colleghi, il giorno mangia al ristorante Attanasio di Collitondi e dopo pranzo fa una passeggiata digestiva lungo gli argini del fiume Marna insieme a Bandino e a Razzo che mangiano sempre con lui a pranzo. Tutti e tre fanno il solito giro lungo la strada pedonale che costeggia il fiume Marna dal ponte Pertini al ponte Berlinguer, in direzione della località Malvoni, per poi rientrare nel centro del paese dove si trova il commissariato. Cantagallo ha un debole anche per certi dolci e per lui sono una vera e propria delizia i bomboloni della “Pasticceria napoletana Pipitone”, nel centro del paese. Al commissario Cantagallo piace passeggiare lungo il fiume Marna e poi fermarsi a sedere su una delle panchine che si trovano lungo l’argine, vicino all’ombra di alcune robinie, per ragionare a proposito della soluzione di un caso particolarmente complicato; è affascinato dalla bellezza della natura e ama contemplare le bellezze naturali della campagna collitondese durante le sue passeggiate

Complicato è il rapporto di Cantagallo con il Questore Vittorio Fumi Zondadari e con il suo vicario Raffaele Bonadonna. 

Cantagallo non sopporta gli interrogatori dove devono essere sentite molte persone e in questi casi delega le audizioni alla sua vice Nicoletta; solo successivamente, quando la sua vice ha già fatto la prima scrematura, si decide ad interrogare i singoli testimoni per ascoltare quanto hanno da dire. Cantagallo non sopporta nemmeno il “Palio dei somari” perché è la delizia del Questore Zondadari e questo è un altro elemento che contribuisce a deteriorare i rapporti fra il commissario e il Questore. 

Cantagallo non sopporta il Questore che cita sempre delle frasi latine e che è sempre impegnato con il “Palio dei somari” della città di Castronuovo. Il commissario Cantagallo ama i proverbi, con particolare interesse per quelli toscani, perché sono il frutto semplice della saggezza antica dei nostri nonni e fanno parte del patrimonio di una cultura popolare che non deve essere dimenticata. Non è assolutamente vero che parla in dialetto. Solo un piccolo accenno di dialetto, ma è nella natura umana di ogni toscano. E’ fermamente convinto che in ogni frase latina sia nascosto il vero significato delle cose, mentre in ogni proverbio si nasconde una piccola verità. Per il commissario, i proverbi sono stati ed sono ancora oggi la saggezza dei popoli. I proverbi fanno parte di un grande patrimonio, formato dal dialetto, dalla mentalità, dalle tradizioni popolari e tante altre cose ancora. In breve, da quella che può essere definita come la cultura popolare. Tale cultura è generalmente tramandata dagli uomini ai propri discendenti e per molti secoli i proverbi sono stati, probabilmente, l’unica scuola per decine di generazioni di nostri antenati. Attraverso di essi si tramandano le usanze, le abitudini, la visione del mondo, si comunicavano le regole della morale e del comportamento nella vita di tutti i giorni. I proverbi, spesso, sono utilizzati, in senso umoristico, per indicare certi caratteri umani e molte volte con il loro utilizzo si sanciscono delle vere e proprie consuetudini di vita sociale che finiscono per diventare costume. I proverbi contengono i consigli più disparati su qualsiasi argomento e per qualsiasi circostanza della vita. I proverbi e certe espressioni verbali permettono di comprendere molti aspetti del carattere e della storia non scritta dei nostri vecchi. Attraverso i proverbi e i modi di dire, si riesce a scoprire il volto più autentico dei nostri antenati. Si può capire meglio, le ragioni di molti nostri modi di essere e della nostra identità di popolo, con comportamenti particolari che ben identificano e che differenziano gli abitanti diversi dei paesi vicini. Per tutte queste ragioni, per il commissario Cantagallo i proverbi sono un patrimonio culturale di tutti e devono essere salvaguardati. 

La citazione latina, per Cantagallo, appartiene al passato, non appartiene al modo di parlare della gente comune. Manifesta una sorta di distacco con le persone semplici e umili, segna la distanza fra “il dire” e “il fare”. Rappresenta, per certi personaggi incompetenti, l’ultimo baluardo per giustificare un nulla di fatto, per offuscare un fatto evidente, per rendere fumosa una spiegazione che non esiste. Cantagallo, nei sui colloqui con il Questore Zondadari, subito, non capisce mai bene la frase latina che il Questore gli ha detto. Poi, quando è a casa, con l’aiuto di sua moglie e sforzandosi di ricordare la frase, cerca di tradurla per capirne il vero significato. 
Non può essere diversamente: un commissario che è in grado di tradurre i “messaggi” degli oggetti di un’indagine, può non essere in grado di tradurre le frasi di un Questore?


A Cantagallo non piaceva essere al centro dell'attenzione. Non cercava i grandi scenari delle metropoli cittadine e tantomeno gli piaceva l’atmosfera pressante di una grande città. Non gli piaceva nemmeno stare sotto la luce dei riflettori della celebrità. No, tutt'altro. Voleva solo fare bene il suo lavoro insieme ai colleghi della sua squadra, la Squadra Omicidi del commissariato di Collitondi, un commissariato di periferia. Perché lui era un poliziotto di periferia. Voleva starsene alla periferia per osservare, distaccato e rilassato, cosa accadeva nel centro dove risplendevano i bagliori della fama e della notorietà. Senza curarsene. Osservava tutto questo dalla periferia del suo commissariato, semmai non accorgendosi che, cambiando la visuale del suo punto di osservazione, quel luogo dove si trovava lui diventava centrale rispetto a tutto il resto che lo circondava. Ed era proprio questa centralità acquisita che lo poneva all’attenzione della gente che lo stimava come una persona perbene e lo considerava tale, prima ancora come uomo che come poliziotto.    


Indagine internet per il commissario Cantagallo: "OPERAZIONE MATRIOSKA per Cantagallo


Il commissario Cantagallo è alle prese con un'indagine particolare perché è stato designato come "portavoce" del commissariato per l'innovativa iniziativa internet denominata "Commissariato online" e che è stata fortissimamente voluta dal Sostituto Procuratore di castronuovo, Ferruccio Fontanarosa. Il Questore Zondadari, detto "Zorro" dai poliziotti del commissariato di Collitondi per via della grande ZETA con cui firma le circolari, non ci sta e vuole che il portavoce sia il suo pupillo: il viscido, untuoso e incapace commissario Semboloni di Castronuovo. Ma Fontanarosa non transige e, forte del consiglio di sua moglie Gigliola Capodimonte "first lady" della Procura, manda in rete il commissario Cantagallo. 
Il poliziotto racconterà in diretta facebook i fatti accaduti di un delitto particolare che è accaduto qualche giorno prima in paese e che sembra sia stata una rapina andata male, tanto male che è morto pure il ladro. Cantagallo lo farà con una specie di diretta-differita che terrà col fiato sospeso le tante persone che seguiranno appassionatamente i post scritti dal poliziotto e da tutti i suoi amici e conoscenti del paese.  
Questo è il primo giallo a livello nazionale e pure mondiale (esageriamo!) che sia stato scritto come se fosse stato postato su un social network. 
Qui sotto un estratto. 


   

 "Tornando alla telefonata, il Questore non era riuscito a convincere Fontanarosa e la candidatura di Semboloni era stata bocciata. A sostegno del "portavoce" Cantagallo, Fontanarosa aveva rimarcato che Semboloni parlava come una cornacchia mentre Cantagallo aveva una "gran bella voce". La sua dote vocale era stata legittimata dalla moglie di Fontanarosa, la signora Gigliola Capodimonte, che vedendo le interviste a Cantagallo al tg regionale aveva detto al marito: "Ma lo sai, Ferruccio, che questo Cantagallo è proprio un gran bell'uomo e ha una gran bella voce". Quindi con il via libera della “first lady” della Procura, Cantagallo era stato scelto per quell'operazione molto delicata e della massima urgenza.
    Cantagallo non capì cosa c’entrasse la sua voce con la diretta su facebook, visto che doveva scrivere e non parlare, ma non volle puntualizzare questo fatto per non apparire scortese nei confronti della signora Capodimonte.
    Il Questore gli comunicò che non doveva porre tempo in mezzo e mettersi subito a disposizione per questa operazione che coinvolgeva i massimi livelli della Questura.
    In tutta quella valanga di parole, Cantagallo non aveva ancora capito cosa dovesse fare come "portavoce".
    Poi il Questore glielo comunicò e il commissario ammutolì.
    Si trattava di descrivere in diretta su facebook le fasi salienti di un’indagine poliziesca, obbligatoriamente di un delitto. Il Questore sottolineò che a Fontanarosa la cosa premeva moltissimo. Anche perché aveva già speso la parola col Ministro dell'Interno che entro la fine dell’anno avrebbe impiegato un commissariato di zona come “pilota” del progetto “Commissariato on-line”.
    Fontanarosa aveva indicato che il commissario Cantagallo era il poliziotto più adatto a quell'attività moderna e al passo coi tempi. Negli ultimi anni era salito alla ribalta della cronaca dei giornali locali per aver risolto casi di delitti complicati. Cantagallo era il commissario del momento e non poteva tirarsi indietro. Il Questore aveva indorato la pillola aggiungendo che, secondo i sondaggi pubblicati dalla rubrica settimanale “Donna più” del Corriere di Castronuovo, era diventato un idolo per le donne di ogni età della provincia castrese. La rubrica, curata dall’invadente e conturbante giornalista Tiziana Bonazza, aveva decretato come “Poliziotto dell’anno” il commissario Cantagallo.
    Il Questore lo aveva messo alle strette e Cantagallo aveva capito che sarebbe stato difficile rifiutare.
    Il commissario, comunque, non rinunciò a difendersi e cercò di opporsi su tutta la linea. Lui era un poliziotto e non uno di questi tipi che scrivono di tutto su internet perché non hanno niente da fare dalla mattina alla sera. Ma invano.
    Zondadari invocò la ragione di Stato, lo spirito di sacrificio e pure la moglie di Fontanarosa che ci teneva tanto.   
     Così, dopo le solite schermaglie, dovette accettare “obtorto collo”, per dirla con un latinismo del Questore, la diretta su facebook dal commissariato.
    Il commissario decise di parlare di un'indagine in corso. Avrebbe descritto i fatti di un delitto avvenuto in paese la settimana prima. Avrebbe esposto sul web i dettagli investigativi di ciò che sarebbe stato riportato sulla carta stampata dai quotidiani locali.
    Il commissario concordò col Questore che per l’indagine di quel delitto gli occorreva almeno una settimana e di conseguenza si sarebbe collegato per tre giorni in modo da portare a termine il sospirato progetto di Fontanarosa.
    Zondadari però disse che, oltre a questo, Cantagallo doveva esaudire una richiesta particolare di Fontanarosa. Il Sostituto voleva che in ogni diretta fosse descritta una ricetta.
    Il commissario capì che anche quella era una richiesta della moglie di Fontanarosa.
    Il Sostituto temeva gli ascolti bassi dell’evento e si era premunito. La ricetta doveva essere presente, così come avviene in tante trasmissioni televisive, perché le ricette facevano sempre “ascolti” con le signore di ogni età.
    Cantagallo tentò di opporsi in tutti i modi a quella cosa ridicola. Era un commissario e non un cuoco come Vissani. Non poteva mettersi a scrivere un ricettario in diretta solo perché voleva così Fontanarosa.
    Ma non ce la fece ad averla vinta.
    Zondadari fu irremovibile e lo minacciò per l’ennesima volta di trasferirlo baracca e burattini all’Ufficio Stranieri della Questura di Castronuovo. Poi il Questore chiuse definitivamente la questione ma scoprì le carte. Sentenziò che era stata proprio la moglie di Fontanarosa ad aver insistito tanto perché la ricetta fosse trasmessa nella diretta.
    Cantagallo capì che era un'offerta che non poteva rifiutare e accettò di malavoglia. Si convinse che qualcosa si sarebbe inventato o che qualcuno l’avrebbe aiutato. Poteva chiedere alla signora Romina del ristorante Attanasio e anche a Razzo, il cuoco dilettante della squadra.
    Cantagallo si preoccupava anche di come avrebbe descritto l'indagine. Era tanto che non scriveva più rapporti: rileggeva quelli scritti dai colleghi. Comunicava a parole con il Questore, mai per scritto. Non era un frequentatore di social network, non mandava messaggini e aveva rapporti occasionali col telefonino.
    Non era nemmeno una persona cui piacesse scrivere. La scrittura lo costringeva a rispettare le regole grammaticali, che non sopportava fin dalle scuole superiori. Preferiva leggere.
    I temi non erano mai stati il suo forte e aveva una profonda avversione verso tutto quello che doveva scrivere basandosi su un argomento che gli fosse stato indicato da altri.
    Per evitare brutte figure grammaticali, si fece dare una mano da un'amica di famiglia: la professoressa di Italiano Elisa Bonavita. La professoressa, già presente su facebook per socializzare con i suoi studenti, si sarebbe collegata nei giorni delle dirette. La professoressa stabilì che avrebbe cliccato su “Mi piace” per le frasi scritte in italiano corretto, altrimenti lo avrebbe chiamato subito al telefono per dirgli l’errore e fargli modificare quello che aveva scritto.
    Cantagallo fu costretto a confrontarsi di nuovo con una specie di tema a sfondo poliziesco. La prova scritta fu superata e, tranne qualche errore veniale, il commissario riuscì a ottenere la sufficienza."

  Il giallo "OPERAZIONE MATRIOSKA per Cantagallo" è un giallo in ebook e cartaceo pubblicato da Cristian Cavinato della Casa editrice Cavinato Editore International di Brescia e lo potete trovare in tutte le librerie online. Qui sotto trovate i link della libreria IBS.it.

https://www.ibs.it/operazione-matrioska-per-cantagallo-ebook-fabio-marazzoli/e/9788869823336

https://www.ibs.it/operazione-matrioska-indagini-del-commissario-libro-fabio-marazzoli/e/9788869823473 




Indagine siciliana per il commissario Cantagallo: "La donna col medaglione"


In questa indagine il commissario Cantagallo scende in Sicilia, ma c'è una ragione precisa. Sua moglie Iolanda è siciliana e possiede sempre la casa dei genitori in un piccolo paese dell'entroterra proprio in mezzo all'isola. Allora i Cantagallo, più o meno tutti gli anni a settembre, trascorrono alcuni giorni nell'isola più bella e affascinante del nostro Paese facendosi una bella vacanza a costo zero o quasi. Però talvolta capita che un amico carabiniere di Cantagallo, il maresciallo Rosario "Saro" Bompensiere che è pure paesano della moglie, gli domandi aiuto per risolvere certi casi di delitti che sono avvenuti in paese o nelle contrade vicine. Bompensiere è una persona intelligente e scaltra, ma non è un uomo da Squadra Omicidi. Quindi approfitta della presenza del poliziotto toscano per farsi dare una mano a risolvere i casi che gli si presentano. Cantagallo non si fa pregare perché non può negare un favore all'amico carabiniere.  In questa indagine dovrà stabilire cosa sia successo nella tragica morte di un un impiegato di banca trovato morto ammazzato in un'auto dentro un boschetto. Tutti pensano a un delitto di mafia oppure di delinquenza comune a scopo di rapina, ma le cose non stanno così come sembrano e Cantagallo se ne accorge immediatamente. 
Ricordo che il giallo è stato ideato prendendo lo spunto da un fatto realmente accaduto a mio nonno paterno Giulio Marazzoli quando era maresciallo dei Carabinieri e nei primi anni del 1900 svolgeva il servizio in una Stazione di Carabinieri in un piccolo paese della Sicilia.
Qui sotto un estratto. 



"Il maresciallo Bompensiere raccontò a Cantagallo che un giovedì di un paio di settimane prima, all’interno di un’auto dentro un boschetto nei pressi di una stradina di campagna vicino a Grammichele, era stato trovato un uomo morto ammazzato con due colpi di pistola sparati nella schiena. 
    «Guarda, Angelo. Ho conservato il giornale con la notizia del delitto» e gli dette il quotidiano. 
 Cantagallo osservava la prima pagina mentre Bompensiere continuava a raccontargli i fatti di quell’omicidio.
    L’uomo si chiamava Giuseppe Giuffrida, “Pino” per gli amici. Lavorava in una banca a Catania, la Banca del Piccolo Credito Catanese, era scapolo e abitava con i suoi genitori a San Rocco. I colpi erano stati esplosi da una distanza ravvicinata. L’uomo sembrava che fosse stato ucciso a scopo di rapina perché gli avevano rubato il portafoglio e strappato la catena d’oro che portava al collo. L’arma del delitto non era stata trovata dai Carabinieri. Il maresciallo Bompensiere aveva guardato nel cruscotto dell’auto, che era di proprietà del Giuffrida, e aveva trovato solo una carta automobilistica della Sicilia, un corno rosso porta fortuna, i documenti dell’auto e una piccola guida turistica di Grammichele intitolata “Il barone di Occhiolà”.
    Nessun’altro oggetto, indizio, traccia era stata trovata sul luogo del delitto. Bompensiere, con cautela, aveva insacchettato e custodito tutti gli oggetti che a suo parere erano interessanti, come da sempre gli consigliava Cantagallo. L’auto del Giuffrida era stata trasportata da un carro attrezzi nel garage della Stazione dei Carabinieri di San Rocco in attesa dei colleghi della Sezione Scientifica di Catania che dovevano rilevare le impronte digitali presenti sul luogo del crimine e nell’auto.
    I Carabinieri di Grammichele, con una scusa, gli avevano appioppato l’indagine perché la zona dove era stato trovato il morto era più vicina al comune di San Rocco che a quello di Grammichele. In più il morto era di San Rocco e quindi dovevano essere i Carabinieri di San Rocco a occuparsene. La morale era che i Carabinieri di Grammichele non erano competenti per quel delitto. Ovvero: i Carabinieri di Grammichele erano “incompetenti” per quel delitto perché non sapevano che pesci pigliare.
    La Procura provinciale ci aveva messo pure il bollo tondo e tramite il Sostituto Procuratore Salvatore Marturana aveva suggerito al maresciallo Bompensiere di occuparsene per ragioni di “opportunità”. Marturana era riuscito a convincere Bompensiere che era “opportuno” indagare, almeno per salvare la faccia alla Procura.
    Bompensiere era un maresciallo coscienzioso, preciso e intelligente che non mollava mai un’indagine. Era più giovane di Cantagallo. Alto uguale, ma più corpulento, col viso tondo, capelli neri pettinati all’indietro e un paio di baffi, anche quelli neri, tipicamente “siciliani”. Viveva con la moglie e i tre figli a Capobianco. Da alcuni anni era il comandante della Stazione dei Carabinieri di San Rocco Etneo, in provincia di Catania. Aveva poca esperienza per i delitti, ma possedeva un fiuto innato per stanare i delinquenti comuni.
    Per il Procuratore Marturana, probabilmente, si trattava del solito delitto compiuto da cani sciolti della mafia locale ai danni di un onesto cittadino che passava di lì per puro caso. Gli assassini, e di questo Marturana ne era sicurissimo, si erano dileguati nelle campagne senza lasciare traccia, com’era capitato in tanti altri delitti simili accaduti nella regione. Le lunghe mani della mafia, e questa era l’altra convinzione granitica di Marturana, erano dappertutto e si erano, senza ombra di dubbi, allungate anche su quel delitto. La prossima settimana, se non ci fossero stati dei fatti nuovi, Marturana avrebbe archiviato l’omicidio come “delitto a scopo di rapina maturato nell’ambiente della malavita comune commesso da mafiosi locali che si sono dati alla macchia eludendo l’arresto da parte delle Forze dell’Ordine”.
    Infatti, Marturana era sicuro che tutti i reati che avvenivano nella provincia fossero opera dei mafiosi locali e su questo tasto non transigeva. Era così e basta. E ce ne volevano delle buone e delle belle da parte del maresciallo Bompensiere per ricondurre Marturana alla realtà. Tutte le volte doveva ripetergli il fatto che, fino a quel momento, nessun reato era stato mai compiuto da questi famigerati “mafiosi locali”. Anche perché in quelle zone non si erano mai visti. Ma Marturana replicava sempre dicendo: “E lei, maresciallo Bompensier
e, crede forse che i mafiosi si facciano vedere?”, con una voce stridula da gallina strozzata."




 Il giallo "LA DONNA COL MEDAGLIONE" è un giallo in ebook e cartaceo pubblicato da Cristian Cavinato della Casa editrice Cavinato Editore International di Brescia e lo potete trovare in tutte le librerie online. Qui sotto trovate i link della libreria IBS.it.

https://www.ibs.it/donna-col-medaglione-ebook-fabio-marazzoli/e/9788869822155

https://www.ibs.it/donna-col-medaglione-indagini-del-libro-fabio-marazzoli/e/9788869823343 




domenica 20 novembre 2016

Indagine mozzafiato per il commissario Cantagallo: "La mossa del barbiere"


Un'indagine dove il commissario Cantagallo è messo alle strette da un micidiale assassino che vuole tenere sotto scacco il poliziotto per poi compiere la mossa decisiva. Ma l'assassino non sa che anche il commissario è un abile giocatore e con sapienti mosse saprà destreggiarsi per fare l'ultima decisiva mossa. Cantagallo dovrà stare attento a come si muove e a come muoverà i suoi uomini, impegnati come su una grande scacchiera per bloccare il pericoloso omicida che semina la morte in paese. Il poliziotto dovrà muoversi bene ma dovrà saper stare anche fermo col fiato sospeso per non far prevedere le sue mosse all'omicida che lo terrà sulla corda fino all'ultimo momento. Non solo gli scacchi saranno d'aiuto a Cantagallo ma anche le sue riminiscenze scolastiche della "Divina Commedia".
Qui sotto un estratto.


"I due poliziotti in tuta blu salutarono il portiere e lasciarono il palazzo. Poco dopo erano già nell’ufficio di Cantagallo per guardare al computer le foto scattate alle pagine del libro. Il commissario aveva chiamato nel suo ufficio anche gli altri colleghi della squadra e aveva voluto che fosse Antica a vedere per prima le frasi sottolineate. L’immagine si formava piano, piano, sul video del computer che non era proprio il massimo della velocità.
    Antica, ironica, commentava la lunga attesa.
    «Certo, se ci fosse stata la foto di un delinquente… ci sarebbe già scappato!».
    «Non ti lamentare» fece Cantagallo. «Il tuo pc va più veloce?».
    «Appunto! Abbiamo dei computer che vanno a due! Prima o poi a Castronuovo si dovranno convincere a darci dei pc più potenti».
    «Antica, non fare la solita polemica. Guarda piuttosto di che si tratta».
    Intanto l’immagine si era formata completamente e si poteva distinguere bene di cosa si trattasse.
    Antica ci pensò un po’ e poi disse sicura.
    «È l’Inferno, il quinto canto.  All’inizio ha sottolineato di rosso la frase: “Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio”. Poi c’è un’altra foto, non appena me la fa vedere» e attese un po’ prima di vederla. «Ecco, qui c’è un’altra frase sottolineata: “Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona”. Questo è quello che riesco a vedere meglio. Le annotazioni in lapis si vedono male».
    «E allora?» chiedeva il commissario. «Questo è tutto quello che ci sai dire?».
    «Per ora questo. Quelle frasi mi dicono poco. Mi documenterò meglio sull’argomento e spero di dirle qualcosa di più nel pomeriggio».
    «Va bene, grazie. Cercherò anch’io di attingere ai miei ricordi di scuola delle superiori» e poi rivolgendosi agli altri. «Alle tre riunione di lavoro. Facciamo il punto e guardiamo di trovare questa benedetta pista investigativa».
    Mentre parlava ai colleghi, dalla finestra aperta alle sue spalle penetrava un odore intenso di mangiare: di peperoni, per la precisione. Cantagallo guardò l'orologio: mancava poco a mezzogiorno e mezzo. Guardò Baccio come se dovesse dargli una spiegazione di quell’odore.
    «Perché mi guarda?» gli chiese Baccio che immaginava il motivo di quell’occhiata. «Non indovino mica sempre tutti gli odori che si sentono dalla sua finestra».
    «In genere sì e sai anche dire se è in arrivo la signora Faraoni con tanto di vassoio fumante» replicò subito il commissario.
    Baccio si avvicinò alla finestra per odorare meglio.
    «In effetti, l’ora è quella giusta della signora Faraoni, ma quest’odore di peperoni, se non sbaglio, non lo collego a nessun piatto che conosco, però è un buon odore».
    I colleghi uscirono dall’ufficio e Cantagallo continuò a osservare quelle fotografie. Cercava di capire perché quelle frasi fossero state sottolineate in rosso. Dai suoi lontani studi alle superiori si ricordava che la frase “Amor, che a nullo amato amar perdona” volesse dire che l’amore non perdonava. 
    L’amore non permetteva a nessuno che fosse amato di non amare a sua volta: chi era amato doveva riamare. Si ricordava che questa era una specie di sentenza universale in cui l’amore si affermava come amore fatale e all’amore si doveva rispondere con l’amore. Era sicuro di questa affermazione, ma gli venne un dubbio. Se l’amore di un uomo non era corrisposto che poteva accadere? E poi un altro. Se la donna amata non riamava il suo amante che succedeva?" 

Il giallo "LA MOSSA DEL BARBIERE" è un giallo in ebook e cartaceo pubblicato da Cristian Cavinato della Casa editrice Cavinato Editore International di Brescia e lo potete trovare in tutte le librerie online. Qui sotto trovate i link della libreria IBS.it.





 

Indagine oscura per il commissario Cantagallo: "Lo sguardo nel buio"


Un'indagine dove il commissario Cantagallo è messo a dura prova perché deve contrastare un terribile omicida che si muove nell'oscurità. 
A pensarci bene, cos'era l'oscurità? L’oscurità era tutto un trucco della notte per camuffare le magagne della realtà che erano illuminate dalla luce del giorno. Infatti, la luce faceva risaltare i difetti delle cose, mentre l’oscurità li sapeva ben occultare, celando pecche, manchevolezze e altri guasti non visibili nel buio. Al commissario Cantagallo non piaceva la notte, il buio in particolare. Nell’oscurità si annidavano i criminali: era un dato di fatto conosciuto da tutti, anche da chi non fosse un poliziotto come lui. Nel buio, i delinquenti si sentivano autorizzati a compiere furti e delitti, come se quella cappa oscura li avvolgesse, li proteggesse, nascondendoli alla vista. La notte era una specie di lasciapassare per coloro che del crimine ne avevano fatta una scelta di vita e l’oscurità diventava una sorta di maschera, dietro la quale si nascondevano i criminali per agire indisturbati. La sua repulsione nei confronti della notte non era una deformazione professionale, ma una vera e propria avversione naturale.
Proprio in quell'oscurità riuscirà a sapere chi è stato a commettere quel brutale assassinio di un uomo cieco inerme, la cui unica colpa era quella di essere stato individuato come persona che doveva pagare un errore con la propria vita. E stavolta ad aiutare il commissario Cantagallo sarà un altro uomo diventato cieco.
Qui sotto un estratto.



 "Mentre stava per prendere sulla sinistra la strada in salita che lo avrebbe riportato verso il centro del paese, la voce di un uomo lo bloccò.
    «Commissario! Commissario Cantagallo! Aspetti un attimo. Le devo parlare».
    Cantagallo si voltò e vide che lo stava chiamando l’uomo cieco che prima sedeva nella seconda fila. Tornò indietro sui propri passi e gli si avvicinò.
    Il cieco lo stava aspettando in piedi poco fuori del bar, con la mano destra si teneva al bastone bianco e con l’altra si appoggiava al muro esterno della struttura.
    «Buongiorno» disse Cantagallo.
    «Buongiorno, commissario» rispose l’altro.
    L’uomo aveva circa settanta anni ed era alto un po’ più del commissario. Fisico asciutto, non robusto, con i capelli bianchi non troppo lunghi pettinati un po’ all’indietro, indossava un giubbotto grigio da mezza stagione. Era un uomo distinto e curato nell’aspetto. Un paio di semplici occhiali neri e un bastone bianco da cieco facevano capire la situazione di quell’uomo anziano.
    «Le devo parlare, commissario. Mi chiamo Faro, Faro Ceccarelli e non sono nato cieco, lo sono diventato per un fatto di malasanità. Alcuni anni fa, l’errore di un dottorino durante l’intervento agli occhi per una semplice cataratta provocò una terribile infezione che mi ha reso cieco per tutta la vita. “Stia tranquillo, signor Ceccarelli, per l’operazione alla cataratta. Oggi è diventata un’operazione ambulatoriale”, così mi aveva detto quel dottorino che mi doveva operare. Quando è successo l’incidente agli occhi ero da poco in pensione. Ero un impiegato di una filiale della banca MPR, la banca della Maremma e del Piccolo Risparmio di Castronuovo. Aspettavo la pensione come il momento per dedicarmi completamente alla famiglia. Poi, è successo quello che è successo e la mia vita è cambiata».
    «La capisco, signor Ceccarelli, e mi dispiace, ma le indagini sulla malasanità non sono eseguite dal mio commissariato. Dovrebbe rivolgersi…».
    «Lo so, lo so, commissario» fece in modo garbato il signor Ceccarelli, interrompendolo. «E mi scusi se l’ho interrotta. Purtroppo, sono tutte cose che conosco. Sono passati ormai tanti anni da quando è accaduto e ancora non è stato risolto nulla. La Giustizia, in questi casi, è lenta a fare il suo corso e sono sempre in attesa del primo processo. Ma non volevo parlarle di questo. Le volevo fare un discorso e poi dirle il vero motivo per cui le ho chiesto di fermarsi».
    La voce del signor Ceccarelli che prima era forte e decisa, si era fatta debole e tremante. Fece una piccola pausa, per trovare il coraggio di continuare a parlare. Cantagallo capiva che quel cieco voleva dirgli qualcosa d’importante, sia per l’indagine sia per se stesso. Forse il cieco voleva confidare a quel poliziotto un proprio pensiero che teneva custodito da molto tempo. Quell’uomo cieco sentiva che quel semplice poliziotto di paese era un brav’uomo. Un commissario capace di ascoltare la gente, ma anche in grado di osservare e di comprendere le persone che aveva di fronte a sé.
    «Dica pure, signor Ceccarelli. Sono a sua disposizione».
    «Lei, commissario, è una brava persona. L’ho capito subito quando l’ho sentita parlare. Persone come lei, ce ne sono poche. Volevo trovare una persona come lei per raccontare questa cosa che tengo dentro da tanto tempo. Io non ero cieco, lo sono diventato. Io vedevo e ora non vedo più. E volevo dire alle altre persone, che vedono e che non sono cieche come me, che anche da ciechi non si sta poi tanto male. A questo mondo ci sono malattie molto più brutte, che ti tolgono l’uso delle gambe, delle braccia, del cervello, che ti rubano gli affetti, che ti rubano la vita e non la vista. Ci tenevo a dirlo perché in questo mondo di oggi, dove tanti valori della società e della famiglia stanno scomparendo, occorre dire ai giovani le cose come stanno. Occorre fare capire che un uomo cieco come me, se ha il sostegno della propria famiglia e di amici veri, non ha niente da temere e niente gli può fare paura. Non si deve aver paura di essere ciechi. La mia famiglia mi ha sempre dato una mano e gli amici veri non mi hanno mai abbandonato, non mi hanno mai perso di vista. Uno di questi era Beppe, come lo chiamavo io, il povero Giuseppe Mecacci, che fin dal primo momento dell’incidente agli occhi mi era stato accanto. Beppe mi era stato sempre vicino, dicendomi di non disperare. Mi faceva forza e mi diceva di non mollare, soprattutto per mia moglie e i miei figli. Lui, proprio lui, che cieco fin dalla nascita non aveva mai potuto vedere la luce del sole, il colore del cielo, i riflessi del mare e nemmeno il colore della notte. Sì, proprio così commissario Cantagallo, la notte ha un proprio colore. Io le dico questo perché prima vedevo e dopo ho notato la differenza che c’è fra il buio totale che accompagna un cieco nella sua vita e l’oscurità che avvolge un luogo a notte fonda. Le sembrerà strano, commissario, ma il buio che vede un cieco è diverso dall’oscurità che una persona normale può osservare nella notte. Il mio amico mi diceva che sarei riuscito a vedere oltre quel buio fitto che mi avrebbe circondato per il resto della mia vita, che avrei visto dove altri, non ciechi come me, non avrebbero mai potuto o voluto vedere. E così è stato. Questa è la mia storia, commissario, e questo è quello che volevo dirle prima di parlarle di quella sera maledetta».
    Cantagallo aveva ascoltato attentamente le parole di quell’uomo. Parole che manifestavano una grande tristezza per la condizione di una persona che era diventata cieca per un errore di malasanità. Parole che dovevano essere d’esempio per tutti quelli che, non ciechi come lui, erano insoddisfatti della loro vita di tutti i giorni e che si lamentavano di condurre una vita normale fatta di cose semplici, come semplice era il fatto di vedere.
    «Non volevo rattristarla troppo, commissario. Ma ci tenevo perché lei lo sapesse. Ora le devo dire quello che è successo la sera in cui è stato ucciso Beppe»."



 Il giallo "LO SGUARDO NEL BUIO" è un giallo in ebook e cartaceo pubblicato da Cristian Cavinato della Casa editrice Cavinato Editore International di Brescia e lo potete trovare in tutte le librerie online. Qui sotto trovate i link della libreria IBS.it.





 

Indagine segreta per il commissario Cantagallo: "Segreto fra le righe"


In questa indagine il commissario Cantagallo deve scoprire un torbido segreto che si cela sotto le apparenze di un dubbio incidente sul lavoro dove è morto un muratore precipitando sugli scogli, in piena notte. Le cose non quadrano per il poliziotto toscano che deve attingere al suo fidato amico Fabio Orsini, portiere del Villaggio Miramare dove i Cantagallo hanno la casa per le ferie d'estate, per avere delle informazioni riservate sul muratore morto. Tutte le informazioni dovranne essere lette nel verso giusto tranne una, che sarà quella fondamentale per scoprire il movente dell'assassinio. Il commissario Cantagallo le metterà insieme a quelle che già conosce per aprirsi la strada tortuosa che lo condurrà alla cattura dell'omicida.   
Qui sotto un estratto del libro.



"«Grazie, Fabio. Mi hai anticipato e mi sei stato molto utile, come al solito. Ma sei sicuro di non avere altro da dirmi? Pensaci bene. Ho bisogno d’informazioni. A volte certe indiscrezioni sono fondamentali per risolvere un caso o per mettere il naso in fatti che rimarrebbero sconosciuti.»
    Nel dire questo, fu invece il commissario a guardarlo fisso negli occhi. Era sicuro che il suo amico portiere potesse raccontargli qualcos’altro d’interessante.
    Fabio a sua volta rimase a fissarlo e fece una smorfia con la faccia. Non sorrideva più. Si erano intristiti pure i sottili baffi col pizzo che si era fatto crescere nelle ultime settimane. Evidentemente conosceva altri particolari di quella vicenda. Orsini era una persona seria a cui non piaceva parlare di certi particolari che potevano sconfinare nel pettegolezzo. Si faceva sempre gli affari suoi e non perdeva mai il suo tempo dietro alle chiacchiere del paese. Non faceva parte della sua natura. A volte però capitava che i suoi amici parlassero di certe cose che accadevano in paese e non poteva fare a meno di ascoltarle. Sapeva che doveva informare Cantagallo e, al pensiero di quello che gli doveva dire, aveva cambiato l’espressione del viso. Era teso e amareggiato, ma capiva che poteva aiutare il suo amico commissario.
    Fabio così decise di riferirgli ciò che sapeva.
    «Angelo, non è una bella storia. Io conoscevo bene Daniele, era un gran lavoratore e una gran brava persona, anche se la sera poteva stare un po’ di più con la moglie invece di andarsene al bar a giocare a carte con gli amici. Ma non sono certo io che devo giudicare i fatti degli altri. Ogni tanto ha fatto dei lavori per alcuni proprietari del villaggio. Si comportava bene e qualche volta l’ho chiamato anch’io, per dei piccoli lavori. Lavorava bene e non chiedeva troppi soldi. I miei amici mi hanno raccontato che da alcuni mesi giravano voci sulla moglie di Daniele. Siccome c’erano di mezzo anche i figli, la cosa non mi era piaciuta e non ho più voluto sapere nulla. Ma poi i fatti accadono, tutto viene a galla e non si può più fare a meno di ignorare certe voci.»
    «Ma degli amici con cui giocava al bar, che mi dici? Li conoscevi, per caso? Giocavano forte? Erano dei tipi poco raccomandabili?»
    Cantagallo voleva capire se ci fossero altri fatti da mettere in fila per quell’omicidio.
    «Per quello che posso sapere io, erano tutti muratori che Daniele conosceva bene. Niente tipi strani o forestieri di Rosereto, o di altri paesi vicini. Tutta gente del posto, tranquilla e conosciuta. E poi non giocavano grosse somme. Come facevano i muratori ad avere tanti soldi per giocare a carte? A volte Daniele ha chiesto anche a me di andare con lui al bar a giocare, quando gli mancava il quarto. Mi diceva che giocavano a briscola e si erano messi d’accordo per dieci centesimi a punto. Non sono queste le cifre che mandano sul lastrico una persona. Tu che dici?»
    Cantagallo rifletteva sulle parole di Fabio. Un altro fatto incominciava a quadrare ed era in contrasto con quello che aveva detto il prete: gli assassini non potevano essere dei giocatori d’azzardo che volevano riprendere i soldi vinti al muratore giocando a carte.
    «Ti dico solo che quello che ho pensato su questa vicenda del muratore morto incomincia a quadrare. Certi indizi stanno entrando perfettamente nel mio mosaico e sento di essere vicino alla soluzione di questo caso. Ma c’è sempre qualcosa che mi manca per fare quadrare tutta la vicenda. Ti ringrazio per quello che mi hai detto. Vado a raggiungere in spiaggia i miei, altrimenti mi danno per disperso. Ti saluto, Fabio. Ci vediamo.»
    «Ciao, Angelo, e buona fortuna» disse Fabio, ritornando indietro verso il vialetto dal quale era arrivato."



 Il giallo "SEGRETO FRA LE RIGHE" è un giallo in ebook e cartaceo pubblicato da Cristian Cavinato della Casa editrice Cavinato Editore International di Brescia e lo potete trovare in tutte le librerie online. Qui sotto trovate i link della libreria IBS.it.




 

Indagine orientale per il commissario Cantagallo: "Un vecchio tappeto persiano"


Un'indagine che spinge il commissario Cantagallo oltre i normali confini del paese di Collitondi, per prendere informazioni sui tappeti persiani, sul loro significato e il loro valore. Per tutto questo non occorre andare in Medio Oriente ma basta solo che il poliziotto faccia due chiacchiere col suo amico persiano Abdullah Hassan che vende tappeti in un negozio vicino alcentro del paese. 
Dal colloquio con Abdullah il commissario Cantagallo scoprirà un particolare su un tappeto che gli farà seguire la pista che lo condurrà all'assassino. Non sarà una cosa facile riuscire a prenderlo e il poliziotto dovrà muoversi con cautela perché il suo amico Abdullah gli ha detto: "Allunga il passo secondo la grandezza del suo tappeto". 
Qui sotto un estratto del libro.


"Il negozio si trovava vicino al centro e doveva fare parecchia strada a piedi. Camminava lungo le vie e rimuginava su quello che gli aveva detto il Cappelletti. Era molto scocciato perché sapeva poco o nulla che potesse essere utile alle indagini. Assolutamente niente dei tappeti antichi ed era per questo che aveva pensato al suo amico Hassan. L’unico fatto importante era che quei tappeti erano difficili da vendere, figuriamoci da smerciare come oggetti rubati.
    Cantagallo sperava di ottenere qualche dritta dal commerciante di tappeti che già in altre occasioni gli era stato utile. Abdullah era nato e cresciuto a Collitondi, da babbo iraniano e mamma collitondese. Aveva il negozio vicinissimo al centro del paese, in una stradina parallela alla via Garibaldi. Amava definirsi “persiano” e con lo stesso stile orientale aveva arredato il negozio per renderlo particolare e accogliente. Ogni volta che entrava in quel negozio, gli sembrava di entrare in una bottega di un mercante persiano, direttamente in Iran. Abdullah aveva più o meno l’età del commissario, ma la sua corporatura era più robusta, con la carnagione olivastra dai caratteri somatici tipicamente iraniani e i capelli a spazzola bianchissimi. Una corta barba brizzolata gli incorniciava il viso, mentre un’ampia tunica bianca con pantaloni completava il personaggio. Con il passare degli anni, era diventato il riferimento della piccola comunità iraniana di Collitondi e il canale informativo preferenziale del commissario per quello che succedeva all’interno di quella comunità. Era un uomo carismatico dalla voce calda, suadente, molto particolare, con un tipico accento orientale. Quando il commissario parlava con lui sembrava che si creasse intorno a loro un’atmosfera misteriosa quasi magica. 
    Nel giro di un quarto d’ora Cantagallo era lì.
    La porta del negozio era sempre aperta in segno d’ospitalità, come diceva Abdullah. Non c’era nessun cliente. All’interno il “persiano” era seduto davanti alla sua inseparabile macchina per cucire. Osservava attentamente il bordo di un piccolo tappeto.
    «Buonasera, Abdullah.»
    «Angelo Cantagallo, buonasera» disse lui sorridendo e sollevando lo sguardo. «È tanto tempo che non vieni a fare una visita al tuo buon amico persiano. Entra, sei sempre il benvenuto nel mio modesto negozio» e gli fece segno di mettersi a sedere su una piccola sedia che aveva accanto a lui.
    «Sono qui per servizio. Posso farti alcune domande?»
    «Che domande vuoi fare al tuo amico persiano? Io sono un uomo perbene e un buon padre di famiglia. Non ho la coscienza sporca o la fedina penale sporca, come dici tu.»
    «No, si tratta di certe informazioni su alcuni tappeti che sono stati rubati ieri notte in paese. Sono tappeti di valore, ma ce n’è uno di cui non so nulla. Ho già parlato con gli antiquari Pescatori e Cappelletti, ma mi hanno saputo dire poco. Allora ho pensato di venire da te per sapere qualcosa di più. Sei una persona che mi dà sempre dei consigli utili.»
    «È sempre un piacere parlare con un amico. Anche tu dai a me sempre dei buoni consigli. Ricorda: i messaggi ricevuti dagli amici sono sempre di gran sostegno e guida nel lungo cammino della nostra vita. Dimmi cosa vuoi sapere.»
«Si tratta dei tappeti che sono segnati in questa lista. Poi vorrei sapere se sai qualcosa di questo in particolare di cui posso farti vedere solo la fotografia. Prima, però, parlami del significato del “tappeto”.»
    Abdullah prese la lista, la foto del tappeto del maragià e incominciò a guardarle attentamente. Si soffermò molto nell’osservare il tappeto della foto. Poi andò a cercare un catalogo di tappeti, lo sfogliò, lo lesse e dopo avere annotato certe cose su un foglio bianco, si rimise a sedere pronto a rispondere a Cantagallo.
    «Il motivo della tua visita è importante e delicato, come è molto delicato e importante l’argomento di cui mi chiedi di parlare.  Devi sapere che il tappeto ha un posto fondamentale nel mondo islamico. Il suo compito è impedire il contatto tra il suolo impuro e il fedele in preghiera.»
    Abdullah raccontò che al tappeto non era mai stato riconosciuto il suo giusto valore, almeno in occidente. Qui era stato sempre considerato un ornamento della casa. Addirittura, molti confondevano il tappeto consumato con il tappeto antico. Molte persone credevano di avere comprato un tappeto antico solo perché era sciupato oppure perché era vecchio, e questo non era vero. Un brutto tappeto era un tappeto senz’anima e sarebbe rimasto così anche dopo cinquanta o cento anni, non sarebbe mai diventato un tappeto antico. Sarebbe rimasto solo un tappeto vecchio.
    Il commissario era interessato all’argomento e giustificava il motivo della sua curiosità. Spiegava che in ogni indagine voleva capire il valore di certi indizi per stabilire se potevano essere importanti per scoprire la soluzione di un crimine. Per lui era di fondamentale importanza conoscere certi oggetti per interpretare il loro messaggio interiore e comprendere il loro vero significato. Ogni oggetto comunicava un messaggio che poteva essere utile per scoprire le tracce del colpevole e bastava solo interpretare correttamente questo messaggio per acciuffare l’autore di un delitto. Quello era il metodo che lui seguiva durante le indagini con la collaborazione dei suoi uomini. Abdullah lo ascoltava con attenzione. Comprendeva il ragionamento di Cantagallo e gli era chiaro il concetto.
    «Ho capito quello che vuoi dire. Vuoi capire la natura più intima di un oggetto. Non solo nella sua sostanza ma anche nella sua essenza. Se non ho capito male, vuoi comprendere quello che un oggetto può comunicare.»
    «Proprio così. Per me è molto meglio ascoltare e parlare, piuttosto che stare in silenzio. Se non sbaglio, c’è un antico detto orientale che dice qualcosa di simile.»
    «Sì, è vero. Quel detto dice: “Non parlare se quello che devi dire non è meglio del silenzio”.»
    «Allora parlami dei tappeti del furto. Parla lentamente, così posso prendere appunti.»
    Cantagallo prese il taccuino e la penna portamine a punta fine, 0,7 per la precisione.
    Abdullah alzò l’indice della mano destra e l’avvertì.
    «Prima però ti devo parlare della “Regola d’Oro”.»
    Un buon mercante doveva sempre ricordare tale regola. Alcuni commercianti di tappeti occidentali le avevano trasformato il nome e l’avevano chiamata la “Regola delle quattro P”: Pelo, lo stato di conservazione dei peli del tessuto, Perimetro, il tappeto doveva avere le cimose e le testate originali, Policromia, tutti i colori dovevano essere naturali e Prezzo, che doveva essere giusto per il tipo di tappeto. Secondo alcuni mercanti orientali, e anche secondo Abdullah, a queste quattro P si doveva aggiungere una quinta P, la Poesia che era la più importante ed era la vera essenza spirituale.
    «La Poesia è l’anima del tappeto, è qualcosa di impalpabile che fa scattare il meccanismo segreto per cui il tappeto “parla” a chi lo sa guardare, tenta di sedurlo e lo fa innamorare.»
    Senti, senti. Anche il tappeto “parla” a chi lo sa guardare e addirittura lo può fare innamorare! Non solo l’unico a essere convinto che gli oggetti sanno parlare a chi sa ascoltarli! Pensò Cantagallo soddisfatto.
    Abdullah tornò a parlare dei tappeti della lista. Indicò che i Kashan erano dei tappeti di eccellente qualità, i Serapi erano di minore qualità e i Tabriz erano prodotti proprio a Tabriz, “città antica e incantata”. Poi parlò del tappeto della foto e fece notare che quello era solo un buon tappeto e nulla più. Non era dello stesso tipo di quelli della lista. Era un Isfahan Najafabad, Persia extra fine figurato. Non era un tappeto di grande valore. Il suo prezzo da nuovo poteva essere di mille euro ma anche meno. Era solo un vecchio tappeto persiano. Non sapeva altro. Cantagallo non volle approfittare oltre e prese la via dell’uscita.
    «Arrivederci, Abdullah. Grazie.»
    «Arrivederci, Angelo. O come diciamo noi: “Be Omide Didar”. E poi ricordati anche di questo antico detto arabo: “Allunga il passo secondo la grandezza del tuo tappeto”.»
    «Ne farò tesoro. “Be Omide Didar”.»
    Il commissario uscì dal negozio di tappeti e svoltò sulla destra per risalire la strada che lo avrebbe riportato verso il centro del paese."



Il giallo "UN VECCHIO TAPPETO PERSIANO" è un giallo in ebook e cartaceo pubblicato da Cristian Cavinato della Casa editrice Cavinato Editore International di Brescia e lo potete trovare in tutte le librerie online. Qui sotto trovate i link della libreria IBS.it.




giovedì 17 novembre 2016

Arrivato e incorniciato: 2° PREMIO GIALLO GARDA 2016 sezione ebook

Dalla Segreteria del FESTIVAL GIALLO GARDA ho ricevuto l'attestato del 2° premio per il giallo in ebook "LA MOSSA DEL BARBIERE" della manifestazione che si è tenuta quest'anno a Raffa di Puegnago sul Lago di Garda

Ma occorreva fare pure un post sul premio incorniciato? 
Forse sì, dico io e vi spiego il perché. 

L'immagine dell'attestato è molto bella e la lettura della motivazione della Giuria mi onora e mi ricompensa del lavoro con la mia famiglia che ha riletto fino all'ossessione le bozze, con l'editore Cristian Cavinato che ci ha creduto fin dal primo momento, con l'editor freelance che lo ha realizzato e lo staff della Casa Editrice Cavinato Editore International che ha lavorato per diffonderlo fra i lettori  nelle librerie online. 
Perciò dietro quell'immagine c'è molto di più perché c'è pure il giudizio di una Giuria che si è concretizzato nell'apprezzamento di un libro, di una storia  e di un nuovo personaggio protagonista di una serie di gialli.   
Proprio per questo e per quello che rappresenta, ho incorniciato il premio perché le immagini sono fatte per essere guardate e ricordate. Se poi certe immagini attestano un fatto importante, lo sono ancora di più perché sono di stimolo a fare meglio o comunque a testimoniare in modo silenzioso che quello che è stato fatto, è stato fatto nel miglior modo possibile.  Come dico spesso: "Si fa quel che si può."

Detto questo vi saluto, con la speranza di non essere stato troppo lungo... 
Altrimenti sarà proprio un bel post da... incorniciare!