Alle nove e poco più di quella mattina d’inizio agosto tutto predisponeva lo spirito del giallista Marazzoli al buon umore. Era in ferie, la spiaggia era deserta e la sabbia immacolata si stendeva a perdita d’occhio. Un bagnino appollaiato in cima alla torretta di osservazione che parlava al telefonino e un gabbiano in cerca di cibo fra gli ombrelloni erano gli unici elementi che movimentavano il panorama. Completava l’incanto un sole tiepido che avrebbe infastidito solo fra poche ore, una brezza leggera e la grande tavola blu pallido del mare che si confondeva all’orizzonte con il celeste tenue del cielo di primo mattino. Solo una leggera bava di nuvola rigava l’azzurro del cielo in lontananza.
Il giallista Marazzoli si godeva quel panorama marino che in genere era occupato da gruppi di turisti biondi in sovrappeso che sguazzavano in acqua fin dalle prime luci dell’alba, come dei trichechi in amore con il parrucchino, incuranti del freddo e della colazione da poco consumata, a base di salsicce di maiale fritte, uova strapazzate e minestra d’avena con latte, panna e marmellata, come la tradizione nordica comandava o giù di lì. Poi mentre si avvicinava al suo ombrellone si fermò. Girò il viso in direzione del vento e chiuse gli occhi. Voleva inebriarsi di tutta la freschezza di quella brezza mattutina, poca a dire al vero da qualche giorno. Ma in quell’istante la brezza calò improvvisamente e inspiegabilmente. La spiegazione c’era e non era per un temporale in avvicinamento. Era solo una curiosa coincidenza. In un batter d’occhio una burrasca “romanesca” si sarebbe abbattuta sulla spiaggia e sul giallista Marazzoli.
"Buongiorno, Marazzoli."
"Buongiorno, Aniceto. Anche lei di nuovo qua per le ferie."
"Come se dice a Roma: 'Chi nu' more se rivede!', e se rivedemo!"
"Si dice anche a Firenze."
"Tutto er monno è paese. Le posso dì 'na parola?"
"Anche due."
"Ma che sta sempre a scrive' gialli?"
"Sì, lavoro permettendo."
"Ma ije ne pubblicano?"
"Sì."
"E 'ndove?".
"A Brescia."
"A Bbrescia?! E che ce stanno pure la case edditrici, a Bbrescia?".
"Sì, un giovane editore di belle speranze che si chiama Cristian Cavinato, dottor Cristian Cavinato per essere precisi..."
"Dottore? Sticazzi! Pure medico. Ma nun sarà per caso un peddiatra? In famija nostra ne conoscevamo uno de Bbergamo, ma me posso sbaijà."
"No, no, non è pediatra e neppure medico, che io sappia."
"E le pubblica i libbri?"
"Sì, me li pubblica e gli piacciono pure."
"Pure? 'Sto gran fijo de 'na mignotta! Deve esse' un tipo forte 'sto Calvinato!"
"Cavinato, come cava e non come calvo."
"Sì, vabbè! 'Sto Calvinato, però non l'ho mai sentito nominà."
"Sarà perché la Cavinato Editore è una piccola casa editrice che ancora non è molto conosciuta al grande pubblico, ma sono sicuro che si farà strada grazie ai tanti bravi autori che pubblicano con lei."
"Con me?"
"No, non con lei come Aniceto, lei fabbrica pellicce a Roma. Lei nel senso della Cavinato Editore."
"Oh, e me so' sbaijato che un se pò? Ma le mie pellicce so' 'nantra cosa, con tutto er rispetto per 'sti gialli. E 'sto suo commissario, come se chiama?"
"Cantagallo, commissario Cantagallo di Collitondi."
"Cantacoso di Collichè?"
"Cantagallo, commissario Cantagallo di Collitondi."
"Anvedi questo, anvedi! Ma è forte 'sto commissario Cantacoso?"
"Credo di sì. I nuovi gialli piacciono e sono venduti."
"Pure? 'Sto gran fijo de 'na mignotta de Cantacoso!"
"Cantagallo, commissario Cantagallo. Ho proprio qui il libro del giallo "Segreto fra le righe" dove il commissario Cantagallo indaga su un omicidio che è accaduto in un paese di mare tale e quale a Castiglione della Pescaia, ma tutto inventato. Lo legga un po'."
"Mh, mh, mh! Mhhh! Ammazza'! Me faccia un po' vede'..."
"Che ne dice?"
"Ammazza', Cantacoso è proprio forte! Ma sta a scrive' lei così?"
"Sì, sono io che scrivo così. Sono l'autore dei gialli."
"L'autore? Meijo lo scrittore."
"Preferisco autore, scrittore è troppo importante. Scrivo gialli ma non sono uno scrittore. Se un giorno, poi, qualcuno mi vorrà pagare per scrivere, allora... ma per il momento no. Per esempio, io gioco a calcio con i miei amici quando capita, quindi sarebbe come dire che solo perché gioco a calcio sono un calciatore e non è così. Un calciatore lo è perché lo fa di professione ed è pagato bene per farlo, come Tatarasanu, il portiere della Fiorentina."
"Tatachè? Ahò! De calciatore ne conosco uno solo! Il capitano de' la maggica Roma: TOTTI!"
"Lasciamo perdere il calcio che sennò facciamo notte!"
"Bravo, lassamo perde' che è meijo! Tanto a perde' ce pensate voi de' la Fiorentina!"
"Avevamo detto di lasciare perdere..."
"Tanto a vince' ce pensamo noi..."
"Aniceto..."
"Vabbè, ho altro da pensa'. Il nipote, le mi' fije..."
"Sua moglie..."
"Mi moije? Embè?"
"Sua moglie, sua moglie. Da dieci minuti le fa cenno di andare a fare due passi."
"Anvedi 'sta fanatica! Sempre in prima fila pe' famme fa' le passeggiate per pijà er sole!".
"Non se la prenda, c'è di peggio."
"E che ciò da di', ormai me la so belle pijata, sta fanatica der sole!"
"Buona passeggiata."
"E lei che fa? Se stà a pija' un foijo per scrive' 'nantro giallo?"
"Forse. Non ho niente da fare e mia moglie è andata a fare due passi con mio figlio."
"Se li scrive proprio lei 'sti gialli, veda un po' nel prossimo di mettece pure un romano che c'ha 'na pellicceria e che de nome fa Aniceto. Hai visto mai che famo il besseller!"
"Ci penserò e l'idea è buona."
"Ce pensi, ce pensi."
"Sua moglie la chiama e..."
"AHòòò! CHE NU' LO VEDI CHE STò A PARLà CO' LO SCRITTORE DE CANTACOSO!"
"Vada, vada Aniceto. Ne riparliamo un'altra volta."
"Meijo che vò, sennò me comprometto."
"Ci vediamo, Aniceto."
"Se vedemo, Marazzoli."
Nomi, soprannomi, fatti, circostanze, modi di dire, affermazioni, sembrano veri ma sono completamente inventati. Chi per puro caso si fosse riconosciuto, deve ammettere che sono stato proprio bravo a immaginarmelo così.
Un cordiale saluto a tutti voi.