Nuovo appuntamento con la
proposta di lettura dei gialli dell’investigatore Tombolo. Per
chi lo avesse dimenticato, questo è un giallo della serie dei casi dell’investigatore
Tombolo ambientato a Spaccabellezze, in Toscana, che è stato pubblicato dalla LFA Publisher dal titolo “UNA FILASTROCCA DI CRIMINI E DELITTI”. In questo
caso l’investigatore Tombolo è alle prese con il delitto di una coppia di cinesi
trovati morti bruciati in un cassonetto e che trascina Tombolo dentro un
intreccio criminale dai contorni insidiosi e dai risvolti indecifrabili.
Dovete
sapere che per i casi dell’agenzia investigativa, Tombolo si era preso un
aiutante-ombra insospettabile, Prospero Buontempo. Prospero, da quando si era
ritrovato disoccupato, si era inventato un’attività di cuoco a domicilio che
gli dava molte soddisfazioni e gli rendeva molto bene. Fra una ricetta e
l’altra, fra un catering e l’altro, dava una mano a Tombolo riuscendo a
fornirgli informazioni preziose su tante persone del paese, viste le sue
assidue frequentazioni nelle case di Spaccabellezze. Con la sua attività di
cuoco nelle case degli altri, conosceva praticamente tutte le persone di
Spaccabellezze e anche fuori dal paese. Di tutte le famiglie sapeva vita, morte
e miracoli. Questa era stata la ragione fondamentale per cui Tombolo l’aveva
reclutato nella propria agenzia. Avere una persona che poteva informarsi su
tanti fatti che accadevano in paese era utilissimo. E anche conoscere un cuoco
che gli poteva preparare dei piatti a prezzo scontato era una buona cosa,
soprattutto per certe cenette nella mansardina a lume di candela con la sua
bella Rossella. Prospero lavorava per l’agenzia ma in nero. Tombolo era stato
categorico. Non voleva assolutamente che Buontempo figurasse nel libro paga
dell’agenzia investigativa, sarebbe stato come scoprire il suo asso nella
manica. Rendere pubblica alla luce del sole l’attività oscura e sotto copertura
di Buontempo poteva essere dannosa per l’agenzia e svantaggiosa per Tombolo.
La presenza di Buontempo, sguinzagliato per il paese, era per Tombolo una
sicurezza di poter conoscere tutto di tutti senza destare il minimo sospetto.
Altro elemento che rafforzava la figura di Prospero come aiutante-ombra era il
suo Apone. Buontempo, per la sua attività di cuoco a domicilio, possedeva un
Apone furgonato celeste pallido per portare gli alimenti con cui preparava
pranzi e cene. L’Apone era stato carrozzato modello China Town. Aveva una
sgargiante scritta rossa orientaleggiante “SHANGHAI CUKI EXPRESS – Ti cucino
per le feste!” su fondo bianco con a fianco una vivace lanterna rossa cinese. Pur
essendo sgargiante, l’Apone andava benissimo per gli appostamenti diurni e
notturni dell’agenzia. Il posto guida era comodo anche per due, nonostante la
stazza di Tombolo. Oltretutto l’Apone non dava mai nell’occhio sui passanti.
Chi lo vedeva, immaginava che Buontempo fosse nei paraggi per preparare qualche
pranzo o qualche cena a domicilio. Nessuno sapeva che lavorasse con Tombolo,
nemmeno Rossella, e questo era fondamentale per la soluzione dei casi
investigativi perché così Buontempo si poteva muovere a suo piacimento, per
prendere informazioni senza destare sospetti. Oltretutto, l’ex cuoco aveva un
buon fiuto ed era in grado di capire se certe cose andavano o non andavano per
il verso giusto.
Ma su cosa deve investigare
l’investigatore Tombolo?
Alle
tre e poco più, Tombolo si affacciò
in via del Grottino. Passo lento da digestione lenta. Vide in lontananza, dalla
parte opposta della stradina, l’Apone celestino a grandi scritte rosse “SHANGAI
CUKI EXPRESS” di Buontempo, che era parcheggiato in quella specie di slargo
fra il bar Cannon d’oro e la farmacia Vitelli. Quell’Apone sgargiante si
sarebbe visto da lontano un chilometro, pure con la nebbia. Poi vide anche la
sagoma lunga e secca del suo aiutante-ombra che gli stava venendo incontro con
un portavivande in mano. Era vestito di bianco con la sua divisa d’ordinanza da
cuoco a domicilio, molto elegante e impeccabile. In testa non aveva un cappello
da cuoco ma un semplice berretto con la visiera, bianco immacolato pure quello.
Al contrario di Tombolo, che era molto rigido nel portamento e sembrava
imbustato da quei completi gessati da boss della mala, Buontempo aveva una
andatura dinoccolata da giocatore di basket americano. Quando li vedevi fuori
insieme, sembravano un elegante master chef della tv con la sua tozza guardia
del corpo dal cazzotto facile.
Arrivato all’agenzia, Tombolo attese
Buontempo. Si salutarono. Aprì il lucchetto, allargò il cancelletto. Poi si
fermò e guardò l’altro.
«Prospero, stavolta sono cazzi amari»
e aprì la porta dell’agenzia.
«Ti riferisci al caso cozza amara di
cui mi devi ancora parlare, giusto?»
«Giusto. Chiudo la porta, così non
viene nessuno a rompere. Te ne parlo con calma dopo che ti ho descritto nei più
piccoli particolari i due furti. In questi due casi, apparentemente semplici,
c’è qualcosa che non mi convince. Quello che è stato rubato non semplifica le
cose, anzi le complica. Sono oggetti molto particolari che ci pongono di fronte
a diversi ipotetici scenari. Avremo molte difficoltà a orientarci per capire
quale strada seguire per prendere chi ha commesso i furti.»
Entrarono nell’ufficio. Tombolo
riferì a Buontempo quello che gli avevano raccontato i due clienti a proposito
dei furti. Poi gli raccontò la vicenda dei cadaveri bruciati dei due cinesi
trovati nel cassonetto.
Buontempo faceva il cuoco ma, da un
punto di vista del ragionamento, era un uomo particolarmente dotato di acume
investigativo. Questa sua dote Tombolo aveva già avuto modo di constatarla in
altre occasioni per certi casi particolarmente complicati e insidiosi della sua
agenzia. A questo proposito, Tombolo aveva sviluppato il concetto delle sfaccettature
nascoste da mettere in luce, un pensiero che di solito riproponeva a Buontempo
e a Rossella quando c’era l’occasione.
Tombolo, quando spiegava in cosa
consistesse il suo lavoro, faceva un paragone indicando che un caso
dell’agenzia era come un diamante dalle tante sfaccettature. Quando
l’investigatore se ne trovava davanti uno, in quel momento poteva vedere solo i
fatti conosciuti, ovvero le sfaccettature migliori e senza imperfezioni che
erano illuminate dalla luce, che stavano di fronte a lui. Cose conosciute che
erano sotto gli occhi di tutti e che il colpevole aveva lasciato in vista per
abbagliare un osservatore disattento. Ma perché? Perché il suo obiettivo era
quello di ingannare un investigatore poco scrupoloso per fargli distogliere lo
sguardo dalle altre sfaccettature nascoste, in ombra, dove si annidava
l’imperfezione del delitto, l’inclusione di un crimine difficile da rimuovere.
Risolvere un caso investigativo serviva per fare chiarezza sui fatti
effettivamente accaduti, per rischiarare la complessità della vicenda, in modo
da mettere in luce le altre sfaccettature del diamante che in quel momento
erano nascoste alla vista. Quella era la sua personale rappresentazione di un
caso investigativo che debordava in una sorta di concezione filosofica del
crimine, figlia della sua cultura classica che amava sfoggiare. A Buontempo
tale concetto non faceva né caldo né freddo. A Rossella, invece, quel paragone
col diamante le era piaciuto molto. Tanto che, in quella occasione, aveva
chiesto a Marino quando gliene avrebbe regalato uno per toccare con mano quella
sua bella rappresentazione. Tombolo era rimasto interdetto. La prossima volta
avrebbe spiegato quel suo concetto arzigogolato prendendo come esempio non un
diamante ma un carciofo.
Buontempo aveva ascoltato con
attenzione e si era annotato mentalmente chi fossero i derubati e dove
abitassero. Anche lui era dell’idea che in quei due furti certe cose non
quadrassero. Gli oggetti rubati erano molto riconoscibili, di grande valore e
per niente smerciabili. Chi aveva fatto il furto era stato molto abile a non
farsi scoprire ma si era comportato da dilettante nello scegliere cosa rubare.
Professionista nel rubare e dilettante nello scegliere. Le due cose non stavano
insieme e ci doveva essere per forza una spiegazione che le facesse collimare.
Era rimasto molto impressionato dal caso dei due cinesi ammazzati e bruciati.
Tombolo concludeva le sue
considerazioni.
«Questo è un caso complesso e
insidioso, ne sono completamente convinto. Chi ha ammazzato i due cinesi ha
cercato di eliminare col fuoco le tracce che ci potevano mettere sulla sua
strada. Non solo. Sfigurando il volto dei due cinesi ha reso difficile il loro
riconoscimento, allungando i tempi delle indagini per avere più tempo per
prepararsi la fuga. Un caso da professionisti del delitto.»
«Eccheccaso, direi! Ollallà, questa è
una mattanza sanguinaria in pieno clima da mafia cinese!»
«Mafia cinese? E chi ha parlato di
mafia cinese? Ho solo detto che sono dei professionisti del delitto. Certo,
occorre considerare che in Italia i casi di delitti cruenti di cinesi, in
genere, sono stati commessi da bande di delinquenti cinesi attecchite in realtà
locali difficili. E se uno più uno fa due, è molto probabile che questo delitto
sia stato compiuto da criminali con gli occhi a mandorla. Però in paese non ho
mai sentito parlare di bande cinesi.»
«Diciamo meglio che ancora non
hai sentito parlare di bande cinesi in paese.»
«Lo sai che quando ti metti a rompere
i coglioni lo fai meglio di qualunque altro?»
«Ollallà, Marino! Cazzaròla! Quanto
sei suscettibile! Non si può mai dire nulla di diverso da quello che pensi tu,
che subito t’inalberi! Per me sei già in andropausa galoppante!»
«Prospero, basta! Risparmiami le tue
diagnosi mediche sulle mie condizioni ormonali. Per capire bene quello che può
essere accaduto a quei due cinesi dobbiamo andare subito sul posto. Io sarò
occupato col proprietario per chiedergli altre informazioni. Tu, con una scusa
delle tue, fai il finto tonto e ti informi nella cucina con quelli che hanno
scoperto i cadaveri nel cassonetto. Sai dove si trova La Pagoda?»
E
ricordatevi che nei casi dell’investigatore Tombolo, oltre il giallo c’è molto
di più. Quindi non perdere l’occasione per andare
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blog, per tutto il resto buona giornata.