Nel giallo "Lo sguardo nel buio" l’oscurità della notte vuole truccare un delitto e nascondere nel buio lo spietato assassino che ha ucciso un cieco. L’uomo
è stato barbaramente ucciso in una tetra viuzza del paese e il commissario Cantagallo
deve far luce sul mistero che avvolge l’omicidio. Dal
colloquio con un ristoratore cinese si aprirà sull’omicidio uno spiraglio di
luce che con il suo fascio luminoso guiderà Cantagallo attraverso il buio fitto
dell’indagine. Il commissario non seguirà solo una luce, ma dovrà anche decifrare
un particolare simbolo e riconoscere una voce. Perché in questo giallo non
tutte le tracce sono percepibili con la vista. Ci sono dei fatti che hanno una
propria voce e che devono essere ascoltati con grande attenzione per
smascherare il colpevole. Il
commissario dovrà compiere un tormentato arresto per catturare l’omicida
che con un delitto intendeva cambiare il proprio destino. Forse l’assassino
faceva meglio a conoscere le lingue orientali, dove un antico detto cinese diceva:
“È più facile deviare il corso di un
fiume o spianare una montagna che cambiare l’animo di un uomo”.
Quello che segue è stato estratto dal giallo "Lo sguardo nel buio"
pubblicato da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International e lo trovate anche su IBS al link qui sotto
(...)
Capitolo uno
Era una serata di fine settembre.
Il commissario Cantagallo, appoggiato alla ringhiera della sua grande terrazza, osservava il buio che si allungava verso
il paese e si godeva il fresco della sera.
Alle
sue spalle, nel soggiorno, Iolanda discorreva nella consueta telefonata
settimanale con sua sorella e Luigi disegnava dei personaggi manga di sua invenzione con
carta e penna.
Così, come tutti i dopocena che Dio metteva
in terra da qualche tempo a quella parte, i Cantagallo erano in attesa del film
di prima serata.
Nel frattempo, il commissario scrutava il
buio e gli tornavano in mente certi suoi pensieri ricorrenti sul potere
ingannatore della sera. A pensarci bene, cos'era l'oscurità? L’oscurità
era tutto un trucco della notte per camuffare le magagne della realtà che erano
illuminate dalla luce del giorno. Infatti, la luce faceva risaltare i difetti
delle cose, mentre l’oscurità li sapeva ben occultare, celando pecche, manchevolezze
e altri guasti non visibili nel buio.
A Cantagallo non piaceva la notte, il buio
in particolare. Nell’oscurità si annidavano i criminali: era un dato di fatto
conosciuto da tutti, anche da chi non fosse un poliziotto come lui. Nel buio, i
delinquenti si sentivano autorizzati a compiere furti e delitti, come se quella
cappa oscura li avvolgesse, li proteggesse, nascondendoli alla vista. La notte
era una specie di lasciapassare per coloro che del crimine ne avevano fatta una
scelta di vita e l’oscurità diventava una sorta di maschera, dietro la quale si
nascondevano i criminali per agire indisturbati. La sua repulsione nei confronti
della notte non era una deformazione professionale, ma una vera e propria
avversione naturale. Il calare della notte spesso induceva le persone a
compiere dei crimini che difficilmente avrebbero commesso durante il giorno. Tale
condizione era conosciuta come “stato crepuscolare” ed era per tutto simile al
sonnambulismo, ma poteva mettere le persone nelle condizioni di uccidere. Quindi,
per il commissario era indubbio che di notte tutto potesse accadere, omicidi
compresi, anche se di recente, in paese, non ce ne erano stati. Cantagallo,
però, non si faceva troppe illusioni e già immaginava che da un momento
all’altro gli sarebbe piombato un omicidio fra capo e collo. Non era un banale
fatalismo. La sua esperienza gli faceva supporre che prima o poi sarebbe
capitato: era nel normale corso delle cose della vita. E quando sarebbe
accaduto? Non si dette una risposta e, quasi a cercarla in quel buio dove probabilmente
si nascondeva, continuò a tenere lo sguardo fisso verso l’oscurità.
In quella serata, però, non era il solo a
cercare una risposta nel buio.
«Bice! Bice! Vieni qua, piccolina! Dove
sei?».
Una signora anziana, disperata, cercava nei
vicoli del paese la sua piccina. L’età della donna e l’oscurità dei luoghi
angusti mal si coniugavano con la certezza del ritrovamento.
«Dove ti sei cacciata? Birbona, ti avevo
detto di non allontanarti!».
Era sempre così fra nipoti e nonni. I nonni
davano un dito e i nipoti si prendevano il braccio. Ma non si poteva chiedere di
più a delle piccole creature innocenti.
«Brutta vigliacca che si va sempre a
nascondere! Se ti prendo, ti faccio il pelo e il contropelo!».
Ma l’anziana donna cercava una nipotina
smarrita?
Forse, probabilmente.
Poi si rivolse all'amica che l’aveva
accompagnata nella spedizione di recupero.
«Ovvia, Leontina! Fai qualcosa! Non star lì
con le mani in mano! Aiutami a ritrovare la piccolina!».
L’altra signora, anziana pure lei e un po’
malferma sulle gambe, la seguiva alcuni passi indietro con una torcia accesa in
mano ed era poco convinta nella riuscita della missione.
«Oh, Primetta!» e scuoteva la torcia. «È
inutile che ti agiti tanto. Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima. È
settembre, è caldo ed è sempre la stagione degli amori. Non te lo ricordi più
che in questo periodo Bice scappa sempre per qualche giorno per andare a fare
l’amore con quel gatto che ha una macchia nera sull’occhio?!».
Era proprio una nipotina quella che stavano
cercando?
Sicuramente no.
Non si trattava di una bambina che si era
allontanata, ma di una gatta che era sfuggita di casa alla signora Primetta
Brogioni, la gattaia del vicolo San Giorgio di Collitondi.
Primetta tolse di mano la torcia all’amica,
con uno strattone tale che rischiò di buttare in terra Leontina. Poi puntò la
torcia e illuminò intorno. In basso, dietro un angolo scuro di una stradina, vide
scodinzolare la coda nera della sua gatta. Si avvicinò e si abbassò per
prenderla di sorpresa.
«Ti ho presa, finalmente, birbona e
girellona d’una gatta!».
Mentre l’acchiappava sollevò gli occhi e lanciò
un grido di terrore.
«AAAHHH!!!».
Leontina non resse all’urlo di terrore. Fu
colpita da un malore e stramazzò a terra.
Il corpo di un uomo, immobile, era disteso
sulla strada a faccia in su. In terra, accanto al corpo, c’erano un cappello,
un paio di occhiali neri e un bastone bianco da cieco ancora stretto nella mano
destra. Un rivolo di sangue dietro la testa faceva capire che per lui non c’era
più niente da fare.
La Polizia fu avvertita subito e dopo un
po’ tutti gli addetti ai lavori furono sul posto, anche gli uomini della
Polizia Municipale con il loro comandante Cherubini.
«Buonasera, Cantagallo» fece il comandante
quando vide arrivare il commissario. «Un delitto orribile. Ma come si fa ad
ammazzare un uomo cieco? Una rapina andata male?».
«Buonasera, Cherubini» scuotendo il capo. «Proprio
una brutta vicenda. Rapina? Forse.».
In quel mentre arrivò anche la vice, la
dottoressa Turchi.
«Che è successo?».
«Hanno ucciso un uomo, un cieco. Forse a
scopo di rapina, ma è troppo presto per dirlo».
«Un cieco?».
«Sì, un cieco. Anche stavolta ha scoperto
tutto la Brogioni mentre cercava la sua gatta».
«Ma è incredibile! Allora, è davvero la
“signora Omicidi” di Collitondi!».
«Lasciamo perdere i gialli e stiamo coi
piedi per terra. Stavolta la Brogioni non era sola. Con lei c’era un’amica, una
certa Leontina Agnorelli. Ha avuto un lieve malore e poi si è rimessa in sesto
con l’aiuto della Brogioni. Le due donne non hanno visto nulla e non possono
esserci d’aiuto. Coincidenze a parte, aspettiamo quelli della Scientifica e il
resoconto di Stroncapettini. A quelli della Municipale ho detto di tenere
lontano i curiosi. Mi faccia il solito favore di avvertire i familiari della
vittima e di far perimetrare l’area, come al solito».
I colleghi di Cantagallo non tardarono ad
arrivare.
Quelli della Scientifica arrivarono poco
dopo da Castronuovo. Stroncapettini, il medico legale, dette un saluto di
sfuggita a Cantagallo e poi si mise all’opera sul cadavere dell’uomo.
«Ciao, Angelo» disse scocciato il medico. «Mi
raccomando. Finché non ho finito, non voglio tra i piedi Razzo e Bandino che
pesticciano sempre intorno come degli avvoltoi. Quando ho finito vi faccio un
fischio! Capito?».
«Capito, Paolo» rispose asciutto Cantagallo
che poi aggiunse. «Ma che ti girano i coglioni?».
«Sì! E allora? Non mi possono girare i
coglioni? Sabato notte, a Castronuovo fuori da una discoteca, un ubriaco ha
spaccato la testa a un ragazzo per un apprezzamento pesante alla sua donna.
Domenica mattina, una donna irriconoscibile è stata trovata morta da qualche
giorno in un fosso lungo la strada fuori Castronuovo. Lunedì sera, una
casalinga ha accoltellato il marito perché non le ha fatto vedere una fiction.
Stasera, sono alla fine di una cena fra ex universitari e mi piomba fra capo e
collo questo morto ammazzato e cieco, per giunta! E tu mi chiedi se mi girano i
coglioni?».
«In effetti» annuiva Cantagallo «una bella
settimana piena».
Stroncapettini sparì dietro l’angolo e dopo
una ventina di minuti era di ritorno.
Si chinò per
passare sotto il nastro bianco e rosso che delimitava l’area del delitto, si
tolse i guanti in lattice. Quello era il segnale che aveva finito ed era pronto
a riferire a Cantagallo quello che aveva visto.
«C’è poco da dire. La
vittima è un uomo cieco di statura media, capelli brizzolati e occhi castani,
età poco più di settanta anni, ucciso per i numerosi colpi ricevuti sul corpo e
per una botta riportata dietro la testa a causa dell’impatto violento contro il
muro della strada. Il muro è sporco di sangue nel punto in cui c’è stato
l’impatto con la testa. L’uomo è stato picchiato violentemente. Sono presenti
degli ematomi in tutto il corpo dovuti probabilmente ai violenti colpi inferti
dall’aggressore. I colpi sono stati portati anche con un corpo contundente,
forse una spranga di ferro. Non escludo che l’aggressore abbia inferto dei
calci alla vittima quando era già a terra. Da un esame sommario del corpo e
delle mani della vittima si nota l’assenza di residui di qualsiasi tipo sotto
le unghie. Niente in bocca. L’uomo è morto in seguito a una violenta
aggressione. Per me, chi ha aggredito l’uomo voleva ucciderlo. Saprò essere più
preciso dopo l’autopsia, come sempre».
Il dottor Baglioni, con la parlantina degna
di uno dei migliori avvocati del Foro castrese, aveva così refertato il
cadavere dell’uomo ucciso.
«Grazie, Paolo. Il tempo di fare i nostri
rilievi e ti lascio rientrare».
«Prego, Angelo» rispose più cordiale il
medico. «Scusa per prima, ma a volte mi scappa la pazienza dalle mani».
«Che ci vuoi fare, non hai più vent’anni e l’età
c’è».
«Che vuoi dire? Che sono rincoglionito?!».
«Io?! E chi l’ha detto? L’hai detto tu!».
«Lasciamo perdere, sennò mi comprometto.
Allora, siccome non ho più vent’anni, sbrigati a fare quello che devi fare
perché come tutti gli anziani ho l’abitudine di rientrare presto a casa».
Quel delitto non si presentava semplice per
il commissario Cantagallo: nessun testimone e niente arma del delitto. Le
uniche informazioni conosciute riguardavano l’uomo ucciso, per il resto buio
pesto. Bandino e Razzo avevano riferito tutto quello che avevano trovato
addosso all'uomo ucciso nella perquisizione del corpo. La famiglia fu avvertita
dalla vice di recarsi sul posto e il dolore dei familiari fu straziante.
Nessuno di loro riusciva a capire perché fosse stato ucciso.
(...)