domenica 4 novembre 2018

Sicilia d'autore per Cantagallo


Secondo appuntamento particolare ma stavolta col giallo della prima indagine siciliana del commissario Cantagallo, anche questo un giallo corto. Questo giallo ha preso spunto da un fatto realmente accaduto a mio nonno quando faceva il carabiniere in un piccolo paese nel centro della Sicilia. Da questo ho tratto lo spunto per ricamare una storia gialla molto particolare come dico anche nella nota dell'autore che ho riportato qui sotto dopo la descrizione. 
Ma parliamo di questo giallo in una breve descrizione. 
A coinvolgere il commissario Angelo Cantagallo nell'indagine è il suo amico maresciallo Saro Bompensiere, comandante della Stazione dei Carabinieri di San Rocco Etneo. Omicidio a scopo di rapina compiuto dalla mafia locale si suppone in un primo momento, per un uomo ucciso a colpi di pistola in un'auto trovata dentro un boschetto. Stavolta Cantagallo è alle prese con degli oggetti particolari che devono essere decifrati per essere ben compresi. Questi indizi sono talmente strani che lo incuriosiscono: un misterioso telegramma da tradurre, una guida turistica da leggere con attenzione e tanti altri fatti apparentemente semplici e lineari che poi risulteranno complessi e intricati.  Tutto sembra semplice, forse anche troppo, ma non è così. Poi accade la svolta. La caparbietà di Cantagallo porta al ritrovamento di un fumoso telegramma in dialetto siciliano. Il misterioso telegramma riapre improvvisamente l’indagine verso una nuova pista investigativa imprevedibile. E soprattutto verso l’insospettabile assassino. 


Questo e non solo questo è "LA DONNA COL MEDAGLIONE" il giallo della prima indagine siciliana del commissario Cantagallo che è stato pubblicato da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia.

Per concludere, come già detto all'inizio vi ho riportato per intero la nota dell'autore presente in fondo al libro. L'ho voluta riportare perché spiega il piccolo segreto dell'idea del giallo siciliano di Cantagallo. 


«Il racconto è una riscrittura del giallo dal titolo “Il barone di
Occhiolà” che fu diffuso nel 2009 gratuitamente in forma cartacea
e in pochissime copie a livello locale per promuovere il
personaggio del commissario Cantagallo. Quello che avete letto
oggi è una seconda edizione dove il racconto è stato rivisto
e rimaneggiato a tal punto che mi è sembrato giusto cambiare
pure il titolo. Il racconto è un omaggio a mio nonno che nei
primi anni del 1900 prestò servizio in Sicilia come maresciallo
dei Carabinieri in una Stazione di un piccolo paesino in provincia
di Catania. Il ricordo degli episodi in cui mio nonno fu
protagonista in quell’epoca si è tramandato attraverso i racconti
di mio babbo Millo. Io li rievoco in questo episodio per
conservare la memoria delle persone che hanno fatto parte
della mia famiglia perché occorre mantenere sempre vivo il ricordo
di chi ci ha preceduto, di chi ci ha indicato la strada da
seguire, di chi ci ha insegnato a ricordare per non dimenticare.
Altre strade familiari mi hanno fatto conoscere questa splendida
terra e talvolta mi sento anch’io un po’ siciliano. Ma non
basta conoscere delle parole e ripetere delle frasi in dialetto
per poterlo affermare, come non basta aver messo piede
sull’isola e aver mangiato i fichi d’india per diventarlo perché
da qualche parte ho letto che siciliani si nasce e non lo si diventa.
Ho letto anche che essere ospite in Sicilia, dove l’ospitalità
è sacra, è sicuramente la condizione migliore per godere di
un privilegio riservato a pochi. Proprio per questo il personaggio
del commissario Cantagallo, in punta di piedi, cerca ospi-
talità in questa splendida terra, dove trova l’ambientazione
questo giallo particolare. Particolare perché ha preso origine
da un fatto realmente accaduto a mio nonno quando era carabiniere:
ricevette un telegramma uguale a quello menzionato
nella storia. Per scrivere certi dialoghi in dialetto ‘nisseno’ ho
fatto un po’ fatica, ma spero di esserci riuscito grazie all’aiuto
di mia moglie Lilla, una siciliana ‘doc’ originaria della provincia
di Caltanissetta. In questo racconto il commissario Cantagallo
trascorre le ferie di settembre in Sicilia. I Cantagallo
scendono abitualmente in Sicilia una volta all’anno per tornare
al paese dove è nata la moglie del commissario. I personaggi,
quando conversano in siciliano, parlano un dialetto nisseno
tipico del paese di ‘Capobianco’, dove è appunto nata Iolanda.
In questo racconto mi sono cimentato nei dialoghi in siciliano,
solo per certi personaggi che non si sarebbero potuti esprimere
in altro modo e senza voler competere con altri autori del genere
giallo. Ho voluto così rendere un omaggio a un fazzoletto
di quella magnifica regione che onora l’Italia per le sue terre
ricche di valori, di tradizioni e di storia. Per questo all’inizio
del racconto mi sono soffermato sui mosaici della Villa del Casale
a Piazza Armerina: non potevo fare altrimenti. I mosaici
di Villa del Casale sono stati dichiarati ‘Patrimonio dell’umanità
dell’Unesco’. Secondo me, non è pensabile che un italiano
voglia visitare un museo in capo al mondo solo per vedere un
quadro straniero famosissimo, senza avere visto prima gli
splendidi mosaici della Villa del Casale in Sicilia. Sempre per
ricordare certe tradizioni, i riferimenti storici del barone di
Occhiolà e della sua famiglia sono stati raccolti in alcuni documenti
disponibili nella rete internet. Non mi dilungo oltre.
Semmai mi piace precisare che questo giallo non è un racconto
lungo, piuttosto preferirei definirlo come un "romanzo corto"
perché mantiene intatte tutte le caratteristiche del romanzo
lungo, solo accorciandole un po’. Anche qui il racconto trova
la sua naturale collocazione in due piccoli paesi inventati
chiamati ‘Capobianco’ e ‘San Rocco Etneo’ situati nel cuore
della Sicilia. Concludo con un proverbio siciliano che piacerebbe
anche al commissario Cantagallo per il personaggio del
Calamera: “Mistura, mitticcinni na visazza, falla comu la vua,
sempri è cucuzza!”, ovvero: “Se una persona ha un caratteraccio,
puoi fare e dire qualsiasi cosa, ma non c’è niente da
fare!”. Grazie per avere letto il mio libro. Salutamo.»
Fabio Marazzoli




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