Anche se con un po' di ritardo, dovuto al gran caldo di questi giorni che ha fatto ribollire pure i tasti del computer, vi propongo un altro "assaggio" delle pagine del secondo giallo della nuova serie dei gialli che nel 2017 sono stati pubblicati da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia.
Il caldo la fa da padrone in queste torride giornate, ma il clima si surriscalda anche a Castiglioni Marina, dove il commissario Cantagallo nel giallo "LA COLLANA DI AMBRA" deve fronteggiare la solita manfrina del dottor Lanzara che di fronte al corpo di una giovane donna uccisa accampa la tesi della morte per overdose. L'indagine si svolge a Castiglioni Marina e i fatti accadono anche qui in pieno luglio per una morte raccappricciante di una giovane badante straniera.
Ecco a voi l'estratto del giallo.
Buona lettura.
«Dottor Lanzara, c’è anche lei? Le si
è fulminato l’Allegro Chirurgo? Stia attento a dove mette le mani, che qui non
c’è la lampadina che suona!».
«Commissario Cantagallo, anche lei qui? Quando mi hanno avvertito di un
cadavere in spiaggia, pensavo di trovarla stecchita per una brutta congestione,
da nuotata dopo colazione!».
«Mi dispiace, dottore. La mattina mi mantengo leggero e faccio il bagno
rigorosamente dopo tre ore. Stavolta, cosa ha trovato? Mi hanno detto una
siringa. Ma ha guardato bene? Non è che un po’ più in là c’è un coltello
insanguinato?».
«Ho una vista buona, io. Questa ragazza è morta per overdose e glielo
posso mettere per scritto. Una povera disgraziata straniera che, per un eccesso
di follia globalizzante, si è iniettata una dose mortale di eroina. Gli
stranieri dovrebbero ritornare tutti al proprio paese, senza stare qui da noi a
rompere i coglioni. Gironzolano, mangiano, bevono e si drogano. Lavorano
portando via il lavoro alla gente del posto e poi si lamentano se non gli danno
una casa. E poi che ci fa qui una polacca? In Polonia i polacchi, in Italia gli
italiani! E che cazzo! Il mio parere inequivocabile è questo: “La ragazza era
una drogata abituale e, senza ombra di dubbio, è morta per una dose mortale di eroina,
assunta tramite iniezione endovenosa. La morte risale a ieri sera tardi, fra le
nove e la mezzanotte”».
Lanzara concluse il suo sermone ospedaliero, standosene seduto sul bordo
esterno della passatoia delle cabine. Curvo nella postura, teneva le braccia
dondolanti e penzolava i piedi fuori dal bordo: sembrava un gigantesco polipo
che, da quanto fosse brutto, era stato giudicato indigesto pure per il
cacciucco e dimenticato lì. Lo rendeva umano un mezzo sigaro spento, che teneva
stretto alla destra della bocca, anche quando parlava. Indossava una
magliettina dal colore indefinibile, con la scritta a grandi lettere “BOMBAY”,
piena di forfora sulle spalle, e dei pantaloni color kaki, corti al ginocchio
che non avevano visto la lavatrice da qualche settimana. Completavano il quadro
desolante, un paio di infradito rosse che, a causa del colore scuro dei piedi, non
dovuto a un’abbronzatura africana ma piuttosto a un mancato lavaggio per
rottura dell’impianto idraulico, spiccavano come dei coralli su un fondale
marino notturno.
Cantagallo aveva assistito al consueto teatrino del dottore, aveva
ascoltato il suo parere “inequivocabile”, eccetera eccetera.
Intanto, il maresciallo Tompetrini si era avvicinato al commissario per
dargli le solite spiegazioni.
«Anche stavolta, il maresciallo Guerra non c’è l’ha fatta a non
coinvolgerla. Abbiamo telefonato al bagno Rivabella e ci hanno detto che faceva
una passeggiata da queste parti. Allora, Guerra ha preso l’occasione al volo e
siamo venuti a prenderla col gommone della Capitaneria».
«Che vuole che le dica, sono qua. E speriamo che stavolta non si tratti
davvero di un omicidio. Visto che il Lanzara ha detto che…».
«Non s'illuda. Il dottor Lanzara, con tutto il rispetto, mi sembra che non
c’abbia capito nulla. La ragazza non sembrerebbe una che si drogasse abitualmente.
Lo vedrà anche lei».
I due si avvicinarono al corpo della ragazza, che era stato coperto con
un telo da bagno di quelli ampi e sottili con grandi disegni orientaleggianti.
Tompetrini sollevò il telo e scoprì la ragazza fino a mezzo busto. Il corpo era
a faccia in su. Accanto c’era una borsa, senza zip di chiusura, in cotone a
fiori con la tracolla ampia e lunga, appartenuta alla polacca. Era una bella
ragazza bionda, che indossava un giubbino leggero in cotone di colore grigio, con
sotto un vestitino leggero di colore scuro a tunica, con dei piccoli disegni
floreali colorati. Al collo aveva una lunga collana di ambra. Il braccio
sinistro era sporco di sangue, per il segno dell’iniezione con la siringa. Si
notava un buco praticato nella vena e niente più. In altri punti del braccio
sinistro non c’erano segni di precedenti iniezioni, come di solito si riscontrava
nelle braccia delle persone drogate. Nessun segno di vecchie iniezioni era presente
nemmeno nell’altro braccio.
«È vero, maresciallo. Probabilmente, questa ragazza deve aver preso
questa dose di droga che è risultata mortale. Forse voleva provare con degli
amici come ci si sentiva dopo una dose d’eroina e la prova è stata fatale.
Aspetti un attimo, però».
Cantagallo, attratto dalla collana, ispezionò le zone del collo perché
c’era qualcosa che non gli tornava. Si fece dare dal Tompetrini dei guanti
mono-uso e, con l’aiuto di una penna biro del carabiniere, cominciò a osservare
meglio il collo. Sollevò un po’ la collana di ambra e osservò da vicino delle
macchie scure presenti nelle parti centrali del collo. Poi, a voce bassa perché
non lo sentisse Lanzara, fece sapere il proprio parere a Tompetrini. Cantagallo
gli fece segno di avvicinarsi.
«Guardi qui». E gli indicò il punto con la biro. «Questi lividi bluastri
sono degli ematomi da strangolamento. La collana li nascondeva alla vista. La
ragazza è stata strangolata e poi le è stata fatta un’iniezione mortale di
droga, per far credere che sia morta per overdose. Per me, si tratta di un
omicidio e le tracce dello strangolamento sono una certezza».
«Vedo, commissario. Anche questa volta, non ho notato un particolare
fondamentale che a lei non è sfuggito. Lei mi stupisce sempre, mentre il dottor
Lanzara non mi stupisce più. Non ci capisce nulla. Non è in grado di analizzare
le tracce necroscopiche su un cadavere. Come se non bastasse, ha un atteggiamento
strafottente e del dottore gli è rimasto solo il “dott” sul biglietto da
visita, se ce l’ha. Non andrei da lui nemmeno a farmi curare un’unghia
incarnita».
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