sabato 29 febbraio 2020

Rossella, tutto si fa per Tombolo


Dopo un po’ di tempo mi riaffaccio nel blog per proporvi un altro dei miei post di lettura che spero vi siano graditi e che anche oggi riguarda l’ultimo caso dell’investigatore Tombolo dal titolo è "UNA FILASTROCCA DI CRIMINI E DELITTI", giallo che vi ricordo nel 2019 è stato pubblicato dalla casa editrice LFA PUBLISHER di Caivano in provincia di Napoli.

Nel post di lettura di oggi, vi faccio conoscere la quasi fidanzata dell’investigatore Tombolo, l’adorabile Rossella Sirena che fa la guardia medica nel Poliambulatorio del porto di Spaccabellezze. Rossella non è solo legata sentimentalmente a Tombolo ma partecipa anche ai casi dell’agenzia investigativa fornendogli delle vere e proprie consulenze da medico legale quando Marino vuole saperne di più sulle circostanze di certi delitti che non lo convincono. Anche nel caso ingarbugliato di questo giallo Marino riesce a convincere Rossella per farle esaminare i cadaveri delle due vittime che sono state barbaramente uccise e buttate in un cassonetto dell’immondizia, volendo far credere, secondo Tombolo, che sia avvenuto un omicidio-suicidio. I corpi si trovano all’obitorio ed è proprio lì che Marino e Rossella si recheranno.  
Non dico altro per non turbare l’atmosfera. Buona lettura.


    L’obitorio si trovava al piano sotterraneo dei locali del Poliambulatorio dove lavorava Rossella. Vi si accedeva con un ascensore un po’ scalcinato e tutto rigato ai lati, probabilmente per gli urti di lettighe, letti e carrozzelle in transito. Tombolo giunse nel sotterraneo e appena si aprirono le porte, Rossella era già lì ad aspettarlo. 
    «Marino, spacchi il secondo.»
    «Lo sai benissimo che non faccio mai aspettare una signora.»
    «E bravo il mio cavaliere senza macchia e senza paura che però gli fanno ribrezzo i cadaveri dei morti ammazzati. Come detective del delitto, lasci un po’ a desiderare.»
    «Un investigatore analizza i fatti ma non esamina i cadaveri. Quello è mestiere tuo.»
    «Calma e gesso, come dici tu! Io sono una guardia medica, non sono certo una anatomopatologa della Polizia.»
    «Rossella! Già c’è Prospero che con quelle sue uscite mi ha già fatto girare i coglioni, non ti ci mettere pure tu. Andiamo a vedere questi due cinesi, ma, ti avverto, se fanno troppo schifo mi rivolto dall’altra parte.»
    Rossella individuò subito i cartellini delle due celle frigorifere dove erano stati collocati i corpi. Erano quelli dove c’era scritto “uomo cinese non identificato” e “donna cinese non identificata”. Fece scorrere, prima l’uno e poi l’altro, i carrelli d’acciaio dove erano distesi i due corpi chiusi nei sacchi neri con la lunghissima cerniera centrale. Quei corpi offesi dalle fiamme erano raccapriccianti e il tanfo stomachevole prese subito la gola di Rossella che istintivamente si ritrasse dal cadavere non appena aprì la prima cerniera dove c’era il corpo della donna. Tombolo si tappò il naso con un fazzoletto e non ce la fece a guardare il viso. Rossella si mise i guanti mono-uso. Disse a Marino che quello spettacolo se lo poteva risparmiare e poteva rimanere girato.
    Dopo un’ora Rossella aveva terminato. Richiuse le cerniere. Infilò i carrelli dentro le celle. Si tolse i guanti con un gesto liberatorio.
    «Allora, che mi dici?» le chiese Tombolo. 
    «Te lo dico dopo. Ora usciamo all’aria aperta. Ho finito il turno, ne parliamo sul lungomare.»
    Risalirono con l’ascensore come se ritornassero in superficie dopo l’esplorazione di una miniera lugubre, satura di dolore e di morte. Uscirono in silenzio dal Poliambulatorio. Attraversarono la strada e presero sulla destra per andare a passeggiare in direzione del molo Victoria. Da lì spirava una leggera brezza di Maestrale, che scompigliava la chioma rossiccia di Rossella e riempiva i polmoni. Verso l’orizzonte, l’azzurro tenue del mare, come inghiottito, si immergeva nella bassa foschia rossastra striata dal pallido sole al tramonto, che come tramontava lì non tramontava da nessuna altra parte della costa. Lo sguardo di Marino si perdeva all’orizzonte. Gli capitava di farlo anche quando si affacciava di sera alla terrazza della mansardina, che si apriva sui tetti che davano sul lungomare. Per lui, quello era il momento migliore della giornata. Aveva fatto tutto quello che doveva fare e non aveva più impegni. Ma soprattutto in quel momento era a passeggiare lungomare con la sua amatissima Rossella. Niente e nessuno al mondo gliela poteva sottrarre a quell’ora e in quel momento. In silenzio, la prese a braccetto e attese che parlasse. Rossella era innamoratissima e le piacevano molto questi attimi romantici da fidanzatini che le concedeva ogni tanto il suo ruvido compagno, ma non glielo faceva mai notare pena il distacco immediato e addio del momento magico.     
    «Marino, che bell’aria frizzante! Ci voleva, dopo quei due poveri cinesi morti ammazzati. Respira a pieni polmoni, che è tutta salute!»
    «Me lo diceva sempre anche mio babbo quand’ero piccolo.»
    «Perché anche tu sei stato piccolo 
    «Rossella, non incominciare con la solita tiritera della dieta mediterranea e che sono grasso. Sono solo un po’ robusto e ho le ossa grosse, tutto qui. Dimmi di quei due e finiamola.»  
    «Va bene, signor robusto. Da quello che ho potuto constatare, l’ora della morte risale alla notte di domenica fra le ventuno e le ventidue. I due cinesi dovrebbero avere intorno ai venticinque anni, la donna ha una corporatura esile di circa quarantacinque chili e un’altezza di uno e sessanta, l’uomo è un po’ più robusto per circa cinquantacinque chili di peso ed è un po’ più alto della donna. Avevano tutti e due le unghie delle mani sporche, mani da operai, poco curate, pochi calli, prive di ferite o abrasioni. Se lavoravano in qualche fabbrica nei dintorni, dovevano lavorare da poco tempo. Niente di particolare sotto le unghie e nemmeno in bocca. Nessun oggetto addosso e nemmeno nei vestiti che indossavano. Sono stati prima tramortiti con un colpo dietro la testa, inferto con un corpo contundente tipo una sbarra di ferro e poi sono stati uccisi da dietro per strangolamento con un cavo di plastica del tipo di quelli della luce. Il collo, anche se leggermente bruciato, evidenzia in tutti e due i cadaveri delle caratteristiche incisioni della pelle compatibili con uno strangolamento brutale delle vittime. Le incisioni sono più marcate sulla parte davanti del collo e sono compatibili con l’assassino che agiva alle spalle delle vittime. Vista la dinamica, gli assassini potevano essere due. Chi ha agito, l’ha fatto con tutta la sua forza oppure era un assassino professionista. E poi c’è un altro fatto, che più che un fatto è una sensazione. Quei due non sono stati uccisi lì in quel cassonetto. La dinamica dello stordimento e dello strangolamento non quadra. Chi li ha uccisi non poteva fare tutto quello che ha fatto, tenendoli nel cassonetto e poi dando fuoco ai cadaveri. Sono stati uccisi in un altro posto, come se fossero stati giustiziati. Sono stati bruciati solo per il gusto di offendere quei poveri corpi e poi li hanno gettati nel cassonetto per disfarsene. La trovata della fiammata nel cassonetto, per me, serve solo a confondere le idee.»
    «Hai altro da dirmi che mi possa aiutare a farli riconoscere? Segni particolari? Tatuaggi? Collane? Orologi? Braccialetti? Per esempio, che vestiti avevano addosso?»
    «Non ho notato alcun segno particolare, né tatuaggi o altro, sennò te lo avrei detto subito. I vestiti erano normalissimi di nessuna marca conosciuta, non erano abiti da lavoro. Jeans, maglietta girocollo manica lunga, felpa senza scritte con la zip e giubbotto impermeabile felpato per la donna. Jeans, camicia a quadretti manica lunga, golf acrilico anonimo girocollo e giubbotto imbottito con cappuccio per l’uomo. Tutti e due calzavano delle scarpe da ginnastica di marca sconosciuta, bianche lei e blu lui. È strano però che non avessero addosso orologi, braccialetti, collane e che la donna non avesse con sé una borsa qualsiasi.»
    «Potrebbe essere compatibile col fatto che fossero stati prelevati in fretta e furia da casa così com’erano e poi ammazzati da un’altra parte. Tutti gli oggetti personali devono essere rimasti nella casa delle vittime. Comunque hai parlato di operai. Ti sembrano due persone che lavoravano in una fabbrica o che comunque facessero un’attività manuale?»
    «Sì, te lo confermo. L’esame delle mani mi porta in quella direzione.»
    «È una brutta gatta da pelare» e scuoteva il capo. 
    Continuavano a passeggiare ed erano quasi arrivati al faro. Il Maestrale si era fatto più forte e le tinte del mare si erano scurite del blu intenso del cielo all’imbrunire. Un peschereccio rientrava e solcava leggero le acque del porto, accompagnato da un gruppo di gabbiani in volo che cercavano di recuperare i resti di qualche pesce lanciato fuori bordo.  


Questo ma non solo questo sono i gialli dell’investigatore Tombolo perché come ha detto una mia lettrice: “Oltre il giallo c’è molto di più.” Cosa aspettate a leggere il giallo dell’investigatore Tombolo?
Il giallo è in vendita a Napoli alla libreria "Io ci sto", zona Vomero in via Cimarosa, e alla "Feltrinelli Express", in piazza Garibaldi presso la Stazione Centrale.        

Il giallo è in vendita online anche su IBS e LIBROco 

P.S. Leggete quello che vi pare.
Ma ricordate sempre che:
"Leggere il giallo di Tombolo non è un dovere
ma è un piacere per l'autore (e per l'editore)".



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