giovedì 24 settembre 2015

Cantagallo e il latino






Cantagallo e il Questore Zondadari erano delle persone completamente diverse. Il Questore citava sempre delle frasi latine, all’inizio o alla fine d’ogni discorso, pur sapendo che facevano imbestialire il nostro commissario. Parlava sempre in italiano corretto e in un modo molto forbito e cattedratico perché era nato nella città di Castronuovo, dove, a suo dire, si parlava e si scriveva il vero italiano. Non quella sorta di dialettaccio strascicato, sgrammaticato e volgare, che parlava il commissario e tutti gli uomini della sua squadra. Il commissario amava i proverbi, in particolare quelli toscani, perché erano il frutto semplice della saggezza antica dei nostri nonni e facevano parte del patrimonio di una cultura popolare che non doveva essere dimenticata. Non parlava in dialetto. Solo un piccolo accenno di dialetto, ma era nella natura umana di ogni toscano. Non sopportava il latino che gli propinava il Questore durante i loro colloqui. Cantagallo era fermamente convinto che in ogni frase latina fosse nascosto il vero significato delle cose, mentre in ogni proverbio si nascondesse una piccola verità.

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