Ogni oggetto, ogni
traccia, ogni prova, ogni indizio parla con il suo linguaggio al commissario
Cantagallo: questo è quello che dice lui. Per Cantagallo ogni bravo poliziotto
deve riuscire a comprendere il linguaggio di ogni oggetto. Cantagallo cerca
sempre di migliorare la propria tecnica di analisi dei fatti criminali. Ogni
pezzo del suo “mosaico criminale”, come dice lui, deve avere la sua
collocazione precisa. Il commissario inquadra ogni crimine in quello che ama
definire il “mosaico criminale”. Ogni indizio, prova, fatto è configurato come
il singolo pezzo di un mosaico che deve essere composto per scoprire il
colpevole. Per rafforzare tale concetto, nel suo ufficio, dietro la scrivania, ha
attaccato al muro una stampa della riproduzione del mosaico della “Battaglia di
Isso”, riconosciuto a livello internazionale come emblema dell’arte mosaicista.
Non solo. Quel mosaico rappresenta anche l’intelligente vittoria di Alessandro
Magno sul re persiano Dario. Il persiano volle affidare la sua vittoria solo al
gran numero di uomini, ma fu sconfitto perché la forza numerica si trasformò in
una debolezza operativa. Alessandro Magno invece vinse con un minor numero di
uomini grazie alla loro intelligenza e alla sua tattica. Questo è un concetto
caro anche a Cantagallo che si è dotato di un piccolo “esercito” di nove fidati
colleghi.
Per il commissario
Cantagallo tutte le ipotesi devono essere suffragate da prove certe e
incontrovertibili. “Una supposizione priva d'evidenza, con il Questore
Zondadari, ha poca consistenza.”, questo spesso dice il commissario ai suoi
colleghi, quando sono nel pieno di un’indagine. A volte Cantagallo entra in
“crisi michelangelesca” ed è stato tentato dal chiedere a qualche oggetto:
“Perché non parli?”, come fece all’epoca un altro toscano molto più famoso di
lui. Sembra strano, ma certe volte anche gli oggetti “parlano” a Cantagallo.
Non in modo chiaro e udibile da tutti, certamente. Semmai, ognuno di loro parla
con un certo linguaggio particolare che deve essere bene interpretato, per
essere compreso nel modo giusto. Ogni oggetto parla una lingua ai più
sconosciuta, ma che può benissimo essere compresa da un abile investigatore. Un
bravo poliziotto, così, è in grado di fare da “interprete” e può interpretare
il significato di quello che un oggetto vuol dire. Sta al commissario e ai suoi
uomini capire il linguaggio degli oggetti raccolti durante una indagine,
decifrarne il messaggio e scoprire il vero contenuto, che contribuisce alla
soluzione di un omicidio.
La tecnica d’indagine è
particolare: è seguita ogni traccia e ogni indizio che, per Cantagallo,
costituiscono le tessere di un “mosaico criminale”. Completato il “mosaico”,
l'indagine è risolta e l’omicida smascherato. Il commissario analizza i fatti
nella sua "stanza da lavoro", il vero e proprio laboratorio
investigativo del commissariato. Cantagallo cerca sempre di ricostruire il
luogo in cui è avvenuto il crimine e prende in considerazione ogni piccolo
dettaglio: visiona anche il filmino girato sul luogo del delitto per
immedesimarsi meglio nella scena in cui si è svolto l’omicidio. Il commissario
è molto attento al luogo del crimine e alla scena del delitto nel suo
complesso: indossa sempre e fa indossare ai suoi colleghi guanti mono uso per
le mani e scarpini in plastica sopra le scarpe, per non contaminare l'ambiente.
La sua tecnica d'indagine è particolare e con un colpo di genio finale riesce sempre
a incastrare il colpevole e a farlo confessare.
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